Purgatorio
?
Dante - La Divina Commedia
Cosi ha tolto l'uno a l'altro Guido
la gloria de la lingua; e forse e nato
chi l'uno e l'altro caccera del nido.
Non e il mondan romore altro ch'un fiato
di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perche muta lato.
Che voce avrai tu piu, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il 'pappo' e 'l 'dindi',
pria che passin mill' anni? ch'e piu corto
spazio a l'etterno, ch'un muover di ciglia
al cerchio che piu tardi in cielo e torto.
Colui che del cammin si poco piglia
dinanzi a me, Toscana sono tutta;
e ora a pena in Siena sen pispiglia,
ond' era sire quando fu distrutta
la rabbia fiorentina, che superba
fu a quel tempo si com' ora e putta.
La vostra nominanza e color d'erba,
che viene e va, e quei la discolora
per cui ella esce de la terra acerba>>.
E io a lui: <<Tuo vero dir m'incora
bona umilta, e gran tumor m'appiani;
ma chi e quei di cui tu parlavi ora? >>.
<<Quelli e>>, rispuose, <<Provenzan Salvani;
ed e qui perche fu presuntuoso
a recar Siena tutta a le sue mani.
Ito e cosi e va, sanza riposo,
poi che mori; cotal moneta rende
a sodisfar chi e di la troppo oso>>.
E io: <<Se quello spirito ch'attende,
pria che si penta, l'orlo de la vita,
qua giu dimora e qua su non ascende,
se buona orazion lui non aita,
prima che passi tempo quanto visse,
come fu la venuta lui largita? >>.
<<Quando vivea piu glorioso>>, disse,
<<liberamente nel Campo di Siena,
ogne vergogna diposta, s'affisse;
e li, per trar l'amico suo di pena,
ch'e' sostenea ne la prigion di Carlo,
si condusse a tremar per ogne vena.
Piu non diro, e scuro so che parlo;
ma poco tempo andra, che ' tuoi vicini
faranno si che tu potrai chiosarlo.
Quest' opera li tolse quei confini>>.
Purgatorio ? Canto XII
Di pari, come buoi che vanno a giogo,
m'andava io con quell' anima carca,
fin che 'l sofferse il dolce pedagogo.
Ma quando disse: <<Lascia lui e varca;
che qui e buono con l'ali e coi remi,
quantunque puo, ciascun pinger sua barca>>;
dritto si come andar vuolsi rife'mi
con la persona, avvegna che i pensieri
mi rimanessero e chinati e scemi.
Io m'era mosso, e seguia volontieri
del mio maestro i passi, e amendue
gia mostravam com' eravam leggeri;
ed el mi disse: <<Volgi li occhi in giue:
buon ti sara, per tranquillar la via,
veder lo letto de le piante tue>>.
Come, perche di lor memoria sia,
sovra i sepolti le tombe terragne
portan segnato quel ch'elli eran pria,
onde li molte volte si ripiagne
per la puntura de la rimembranza,
che solo a' pii da de le calcagne;
si vid' io li, ma di miglior sembianza
secondo l'artificio, figurato
quanto per via di fuor del monte avanza.
Vedea colui che fu nobil creato
piu ch'altra creatura, giu dal cielo
folgoreggiando scender, da l'un lato.
Vedea Briareo fitto dal telo
celestial giacer, da l'altra parte,
grave a la terra per lo mortal gelo.
Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,
armati ancora, intorno al padre loro,
mirar le membra d'i Giganti sparte.
Vedea Nembrot a pie del gran lavoro
quasi smarrito, e riguardar le genti
che 'n Sennaar con lui superbi fuoro.
O Niobe, con che occhi dolenti
vedea io te segnata in su la strada,
tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!
O Saul, come in su la propria spada
quivi parevi morto in Gelboe,
che poi non senti pioggia ne rugiada!
O folle Aragne, si vedea io te
gia mezza ragna, trista in su li stracci
de l'opera che mal per te si fe.
O Roboam, gia non par che minacci
quivi 'l tuo segno; ma pien di spavento
nel porta un carro, sanza ch'altri il cacci.
Mostrava ancor lo duro pavimento
come Almeon a sua madre fe caro
parer lo sventurato addornamento.
Mostrava come i figli si gittaro
sovra Sennacherib dentro dal tempio,
e come, morto lui, quivi il lasciaro.
Mostrava la ruina e 'l crudo scempio
che fe Tamiri, quando disse a Ciro:
<<Sangue sitisti, e io di sangue t'empio>>.
