Ancisa t'hai per non perder Lavina;
or m'hai perduta!
or m'hai perduta!
Dante - La Divina Commedia
Ma qual Gherardo e quel che tu per saggio
di' ch'e rimaso de la gente spenta,
in rimprovero del secol selvaggio? >>.
<<O tuo parlar m'inganna, o el mi tenta>>,
rispuose a me; <<che, parlandomi tosco,
par che del buon Gherardo nulla senta.
Per altro sopranome io nol conosco,
s'io nol togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi, che piu non vegno vosco.
Vedi l'albor che per lo fummo raia
gia biancheggiare, e me convien partirmi
(l'angelo e ivi) prima ch'io li paia>>.
Cosi torno, e piu non volle udirmi.
Purgatorio ? Canto XVII
Ricorditi, lettor, se mai ne l'alpe
ti colse nebbia per la qual vedessi
non altrimenti che per pelle talpe,
come, quando i vapori umidi e spessi
a diradar cominciansi, la spera
del sol debilemente entra per essi;
e fia la tua imagine leggera
in giugnere a veder com' io rividi
lo sole in pria, che gia nel corcar era.
Si, pareggiando i miei co' passi fidi
del mio maestro, usci' fuor di tal nube
ai raggi morti gia ne' bassi lidi.
O imaginativa che ne rube
talvolta si di fuor, ch'om non s'accorge
perche dintorno suonin mille tube,
chi move te, se 'l senso non ti porge?
Moveti lume che nel ciel s'informa,
per se o per voler che giu lo scorge.
De l'empiezza di lei che muto forma
ne l'uccel ch'a cantar piu si diletta,
ne l'imagine mia apparve l'orma;
e qui fu la mia mente si ristretta
dentro da se, che di fuor non venia
cosa che fosse allor da lei ricetta.
Poi piovve dentro a l'alta fantasia
un crucifisso, dispettoso e fero
ne la sua vista, e cotal si moria;
intorno ad esso era il grande Assuero,
Ester sua sposa e 'l giusto Mardoceo,
che fu al dire e al far cosi intero.
E come questa imagine rompeo
se per se stessa, a guisa d'una bulla
cui manca l'acqua sotto qual si feo,
surse in mia visione una fanciulla
piangendo forte, e dicea: <<O regina,
perche per ira hai voluto esser nulla?
Ancisa t'hai per non perder Lavina;
or m'hai perduta! Io son essa che lutto,
madre, a la tua pria ch'a l'altrui ruina>>.
Come si frange il sonno ove di butto
nova luce percuote il viso chiuso,
che fratto guizza pria che muoia tutto;
cosi l'imaginar mio cadde giuso
tosto che lume il volto mi percosse,
maggior assai che quel ch'e in nostro uso.
I' mi volgea per veder ov' io fosse,
quando una voce disse <<Qui si monta>>,
che da ogne altro intento mi rimosse;
e fece la mia voglia tanto pronta
di riguardar chi era che parlava,
che mai non posa, se non si raffronta.
Ma come al sol che nostra vista grava
e per soverchio sua figura vela,
cosi la mia virtu quivi mancava.
<<Questo e divino spirito, che ne la
via da ir su ne drizza sanza prego,
e col suo lume se medesmo cela.
Si fa con noi, come l'uom si fa sego;
che quale aspetta prego e l'uopo vede,
malignamente gia si mette al nego.
Or accordiamo a tanto invito il piede;
procacciam di salir pria che s'abbui,
che poi non si poria, se 'l di non riede>>.
Cosi disse il mio duca, e io con lui
volgemmo i nostri passi ad una scala;
e tosto ch'io al primo grado fui,
senti'mi presso quasi un muover d'ala
e ventarmi nel viso e dir: 'Beati
pacifici, che son sanz' ira mala! '.
Gia eran sovra noi tanto levati
li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da piu lati.
'O virtu mia, perche si ti dilegue? ',
fra me stesso dicea, che mi sentiva
la possa de le gambe posta in triegue.
Noi eravam dove piu non saliva
la scala su, ed eravamo affissi,
pur come nave ch'a la piaggia arriva.
E io attesi un poco, s'io udissi
alcuna cosa nel novo girone;
poi mi volsi al maestro mio, e dissi:
<<Dolce mio padre, di, quale offensione
si purga qui nel giro dove semo?
Se i pie si stanno, non stea tuo sermone>>.
