Ma
Virgilio
mi disse: <
E un ch'avea l'una e l'altra man mozza,
levando i moncherin per l'aura fosca,
si che 'l sangue facea la faccia sozza,
grido: <<Ricordera'ti anche del Mosca,
che disse, lasso! , "Capo ha cosa fatta",
che fu mal seme per la gente tosca>>.
E io li aggiunsi: <<E morte di tua schiatta>>;
per ch'elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta.
Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch'io avrei paura,
sanza piu prova, di contarla solo;
se non che coscienza m'assicura,
la buona compagnia che l'uom francheggia
sotto l'asbergo del sentirsi pura.
Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia,
un busto sanza capo andar si come
andavan li altri de la trista greggia;
e 'l capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna:
e quel mirava noi e dicea: <<Oh me! >>.
Di se facea a se stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com' esser puo, quei sa che si governa.
Quando diritto al pie del ponte fue,
levo 'l braccio alto con tutta la testa
per appressarne le parole sue,
che fuoro: <<Or vedi la pena molesta,
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s'alcuna e grande come questa.
E perche tu di me novella porti,
sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma' conforti.
Io feci il padre e 'l figlio in se ribelli;
Achitofel non fe piu d'Absalone
e di David coi malvagi punzelli.
Perch' io parti' cosi giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso! ,
dal suo principio ch'e in questo troncone.
Cosi s'osserva in me lo contrapasso>>.
Inferno ? Canto XXIX
La molta gente e le diverse piaghe
avean le luci mie si inebriate,
che de lo stare a piangere eran vaghe.
Ma Virgilio mi disse: <
perche la vista tua pur si soffolge
la giu tra l'ombre triste smozzicate?
Tu non hai fatto si a l'altre bolge;
pensa, se tu annoverar le credi,
che miglia ventidue la valle volge.
E gia la luna e sotto i nostri piedi;
lo tempo e poco omai che n'e concesso,
e altro e da veder che tu non vedi>>.
<<Se tu avessi>>, rispuos' io appresso,
<<atteso a la cagion per ch'io guardava,
forse m'avresti ancor lo star dimesso>>.
Parte sen giva, e io retro li andava,
lo duca, gia faccendo la risposta,
e soggiugnendo: <<Dentro a quella cava
dov' io tenea or li occhi si a posta,
credo ch'un spirto del mio sangue pianga
la colpa che la giu cotanto costa>>.
Allor disse 'l maestro: <<Non si franga
lo tuo pensier da qui innanzi sovr' ello.
Attendi ad altro, ed ei la si rimanga;
ch'io vidi lui a pie del ponticello
mostrarti e minacciar forte col dito,
e udi' 'l nominar Geri del Bello.
Tu eri allor si del tutto impedito
sovra colui che gia tenne Altaforte,
che non guardasti in la, si fu partito>>.
<<O duca mio, la violenta morte
che non li e vendicata ancor>>, diss' io,
<<per alcun che de l'onta sia consorte,
fece lui disdegnoso; ond' el sen gio
sanza parlarmi, si com' io estimo:
e in cio m'ha el fatto a se piu pio>>.
Cosi parlammo infino al loco primo
che de lo scoglio l'altra valle mostra,
se piu lume vi fosse, tutto ad imo.
Quando noi fummo sor l'ultima chiostra
di Malebolge, si che i suoi conversi
potean parere a la veduta nostra,
lamenti saettaron me diversi,
che di pieta ferrati avean li strali;
ond' io li orecchi con le man copersi.
Qual dolor fora, se de li spedali
di Valdichiana tra 'l luglio e 'l settembre
e di Maremma e di Sardigna i mali
fossero in una fossa tutti 'nsembre,
tal era quivi, e tal puzzo n'usciva
qual suol venir de le marcite membre.
Noi discendemmo in su l'ultima riva
del lungo scoglio, pur da man sinistra;
e allor fu la mia vista piu viva
giu ver' lo fondo, la 've la ministra
de l'alto Sire infallibil giustizia
punisce i falsador che qui registra.
Non credo ch'a veder maggior tristizia
fosse in Egina il popol tutto infermo,
quando fu l'aere si pien di malizia,
che li animali, infino al picciol vermo,
cascaron tutti, e poi le genti antiche,
secondo che i poeti hanno per fermo,
si ristorar di seme di formiche;
ch'era a veder per quella oscura valle
languir li spirti per diverse biche.
Qual sovra 'l ventre e qual sovra le spalle
l'un de l'altro giacea, e qual carpone
si trasmutava per lo tristo calle.
Dante - La Divina Commedia
E un ch'avea l'una e l'altra man mozza,
levando i moncherin per l'aura fosca,
si che 'l sangue facea la faccia sozza,
grido: <<Ricordera'ti anche del Mosca,
che disse, lasso! , "Capo ha cosa fatta",
che fu mal seme per la gente tosca>>.
E io li aggiunsi: <<E morte di tua schiatta>>;
per ch'elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta.
Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch'io avrei paura,
sanza piu prova, di contarla solo;
se non che coscienza m'assicura,
la buona compagnia che l'uom francheggia
sotto l'asbergo del sentirsi pura.
Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia,
un busto sanza capo andar si come
andavan li altri de la trista greggia;
e 'l capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna:
e quel mirava noi e dicea: <<Oh me! >>.
Di se facea a se stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com' esser puo, quei sa che si governa.
Quando diritto al pie del ponte fue,
levo 'l braccio alto con tutta la testa
per appressarne le parole sue,
che fuoro: <<Or vedi la pena molesta,
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s'alcuna e grande come questa.
E perche tu di me novella porti,
sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma' conforti.
Io feci il padre e 'l figlio in se ribelli;
Achitofel non fe piu d'Absalone
e di David coi malvagi punzelli.
Perch' io parti' cosi giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso! ,
dal suo principio ch'e in questo troncone.
Cosi s'osserva in me lo contrapasso>>.
Inferno ? Canto XXIX
La molta gente e le diverse piaghe
avean le luci mie si inebriate,
che de lo stare a piangere eran vaghe.
Ma Virgilio mi disse: <
perche la vista tua pur si soffolge
la giu tra l'ombre triste smozzicate?
Tu non hai fatto si a l'altre bolge;
pensa, se tu annoverar le credi,
che miglia ventidue la valle volge.
E gia la luna e sotto i nostri piedi;
lo tempo e poco omai che n'e concesso,
e altro e da veder che tu non vedi>>.
<<Se tu avessi>>, rispuos' io appresso,
<<atteso a la cagion per ch'io guardava,
forse m'avresti ancor lo star dimesso>>.
Parte sen giva, e io retro li andava,
lo duca, gia faccendo la risposta,
e soggiugnendo: <<Dentro a quella cava
dov' io tenea or li occhi si a posta,
credo ch'un spirto del mio sangue pianga
la colpa che la giu cotanto costa>>.
Allor disse 'l maestro: <<Non si franga
lo tuo pensier da qui innanzi sovr' ello.
Attendi ad altro, ed ei la si rimanga;
ch'io vidi lui a pie del ponticello
mostrarti e minacciar forte col dito,
e udi' 'l nominar Geri del Bello.
Tu eri allor si del tutto impedito
sovra colui che gia tenne Altaforte,
che non guardasti in la, si fu partito>>.
<<O duca mio, la violenta morte
che non li e vendicata ancor>>, diss' io,
<<per alcun che de l'onta sia consorte,
fece lui disdegnoso; ond' el sen gio
sanza parlarmi, si com' io estimo:
e in cio m'ha el fatto a se piu pio>>.
Cosi parlammo infino al loco primo
che de lo scoglio l'altra valle mostra,
se piu lume vi fosse, tutto ad imo.
Quando noi fummo sor l'ultima chiostra
di Malebolge, si che i suoi conversi
potean parere a la veduta nostra,
lamenti saettaron me diversi,
che di pieta ferrati avean li strali;
ond' io li orecchi con le man copersi.
Qual dolor fora, se de li spedali
di Valdichiana tra 'l luglio e 'l settembre
e di Maremma e di Sardigna i mali
fossero in una fossa tutti 'nsembre,
tal era quivi, e tal puzzo n'usciva
qual suol venir de le marcite membre.
Noi discendemmo in su l'ultima riva
del lungo scoglio, pur da man sinistra;
e allor fu la mia vista piu viva
giu ver' lo fondo, la 've la ministra
de l'alto Sire infallibil giustizia
punisce i falsador che qui registra.
Non credo ch'a veder maggior tristizia
fosse in Egina il popol tutto infermo,
quando fu l'aere si pien di malizia,
che li animali, infino al picciol vermo,
cascaron tutti, e poi le genti antiche,
secondo che i poeti hanno per fermo,
si ristorar di seme di formiche;
ch'era a veder per quella oscura valle
languir li spirti per diverse biche.
Qual sovra 'l ventre e qual sovra le spalle
l'un de l'altro giacea, e qual carpone
si trasmutava per lo tristo calle.
