Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse: <
colui che i
peccator
di qua uncina>>.
poi disse: <
Dante - La Divina Commedia
Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
quant' i' veggio dolor giu per le guance?
e che pena e in voi che si sfavilla? >>.
E l'un rispuose a me: <<Le cappe rance
son di piombo si grosse, che li pesi
fan cosi cigolar le lor bilance.
Frati godenti fummo, e bolognesi;
io Catalano e questi Loderingo
nomati, e da tua terra insieme presi
come suole esser tolto un uom solingo,
per conservar sua pace; e fummo tali,
ch'ancor si pare intorno dal Gardingo>>.
Io cominciai: <<O frati, i vostri mali . . . >>;
ma piu non dissi, ch'a l'occhio mi corse
un, crucifisso in terra con tre pali.
Quando mi vide, tutto si distorse,
soffiando ne la barba con sospiri;
e 'l frate Catalan, ch'a cio s'accorse,
mi disse: <<Quel confitto che tu miri,
consiglio i Farisei che convenia
porre un uom per lo popolo a' martiri.
Attraversato e, nudo, ne la via,
come tu vedi, ed e mestier ch'el senta
qualunque passa, come pesa, pria.
E a tal modo il socero si stenta
in questa fossa, e li altri dal concilio
che fu per li Giudei mala sementa>>.
Allor vid' io maravigliar Virgilio
sovra colui ch'era disteso in croce
tanto vilmente ne l'etterno essilio.
Poscia drizzo al frate cotal voce:
<<Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
s'a la man destra giace alcuna foce
onde noi amendue possiamo uscirci,
sanza costrigner de li angeli neri
che vegnan d'esto fondo a dipartirci>>.
Rispuose adunque: <<Piu che tu non speri
s'appressa un sasso che da la gran cerchia
si move e varca tutt' i vallon feri,
salvo che 'n questo e rotto e nol coperchia;
montar potrete su per la ruina,
che giace in costa e nel fondo soperchia>>.
Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse: <
E 'l frate: <<Io udi' gia dire a Bologna
del diavol vizi assai, tra ' quali udi'
ch'elli e bugiardo, e padre di menzogna>>.
Appresso il duca a gran passi sen gi,
turbato un poco d'ira nel sembiante;
ond' io da li 'ncarcati mi parti'
dietro a le poste de le care piante.
Inferno ? Canto XXIV
In quella parte del giovanetto anno
che 'l sole i crin sotto l'Aquario tempra
e gia le notti al mezzo di sen vanno,
quando la brina in su la terra assempra
l'imagine di sua sorella bianca,
ma poco dura a la sua penna tempra,
lo villanello a cui la roba manca,
si leva, e guarda, e vede la campagna
biancheggiar tutta; ond' ei si batte l'anca,
ritorna in casa, e qua e la si lagna,
come 'l tapin che non sa che si faccia;
poi riede, e la speranza ringavagna,
veggendo 'l mondo aver cangiata faccia
in poco d'ora, e prende suo vincastro
e fuor le pecorelle a pascer caccia.
Cosi mi fece sbigottir lo mastro
quand' io li vidi si turbar la fronte,
e cosi tosto al mal giunse lo 'mpiastro;
che, come noi venimmo al guasto ponte,
lo duca a me si volse con quel piglio
dolce ch'io vidi prima a pie del monte.
Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
eletto seco riguardando prima
ben la ruina, e diedemi di piglio.
E come quei ch'adopera ed estima,
che sempre par che 'nnanzi si proveggia,
cosi, levando me su ver' la cima
d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia
dicendo: <<Sovra quella poi t'aggrappa;
ma tenta pria s'e tal ch'ella ti reggia>>.
Non era via da vestito di cappa,
che noi a pena, ei lieve e io sospinto,
potavam su montar di chiappa in chiappa.
E se non fosse che da quel precinto
piu che da l'altro era la costa corta,
non so di lui, ma io sarei ben vinto.
Ma perche Malebolge inver' la porta
del bassissimo pozzo tutta pende,
lo sito di ciascuna valle porta
che l'una costa surge e l'altra scende;
noi pur venimmo al fine in su la punta
onde l'ultima pietra si scoscende.
La lena m'era del polmon si munta
quand' io fui su, ch'i' non potea piu oltre,
anzi m'assisi ne la prima giunta.
<<Omai convien che tu cosi ti spoltre>>,
disse 'l maestro; <<che, seggendo in piuma,
in fama non si vien, ne sotto coltre;
sanza la qual chi sua vita consuma,
cotal vestigio in terra di se lascia,
qual fummo in aere e in acqua la schiuma.
E pero leva su; vinci l'ambascia
con l'animo che vince ogne battaglia,
se col suo grave corpo non s'accascia.
Piu lunga scala convien che si saglia;
non basta da costoro esser partito.
Se tu mi 'ntendi, or fa si che ti vaglia>>.