El comincio: <
de l'albero che vive de la cima
e frutta sempre e mai non perde foglia,
spiriti son beati, che giu, prima
che venissero al ciel, fuor di gran voce,
si ch'ogne musa ne sarebbe opima.
e frutta sempre e mai non perde foglia,
spiriti son beati, che giu, prima
che venissero al ciel, fuor di gran voce,
si ch'ogne musa ne sarebbe opima.
Dante - La Divina Commedia
Poi giunse: <<Figlio, queste son le chiose
di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie
che dietro a pochi giri son nascose.
Non vo' pero ch'a' tuoi vicini invidie,
poscia che s'infutura la tua vita
vie piu la che 'l punir di lor perfidie>>.
Poi che, tacendo, si mostro spedita
l'anima santa di metter la trama
in quella tela ch'io le porsi ordita,
io cominciai, come colui che brama,
dubitando, consiglio da persona
che vede e vuol dirittamente e ama:
<<Ben veggio, padre mio, si come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch'e piu grave a chi piu s'abbandona;
per che di provedenza e buon ch'io m'armi,
si che, se loco m'e tolto piu caro,
io non perdessi li altri per miei carmi.
Giu per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro,
e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s'io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume;
e s'io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico>>.
La luce in che rideva il mio tesoro
ch'io trovai li, si fe prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d'oro;
indi rispuose: <<Coscienza fusca
o de la propria o de l'altrui vergogna
pur sentira la tua parola brusca.
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua vision fa manifesta;
e lascia pur grattar dov' e la rogna.
Che se la voce tua sara molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascera poi, quando sara digesta.
Questo tuo grido fara come vento,
che le piu alte cime piu percuote;
e cio non fa d'onor poco argomento.
Pero ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l'anime che son di fama note,
che l'animo di quel ch'ode, non posa
ne ferma fede per essempro ch'aia
la sua radice incognita e ascosa,
ne per altro argomento che non paia>>.
Paradiso ? Canto XVIII
Gia si godeva solo del suo verbo
quello specchio beato, e io gustava
lo mio, temprando col dolce l'acerbo;
e quella donna ch'a Dio mi menava
disse: <<Muta pensier; pensa ch'i' sono
presso a colui ch'ogne torto disgrava>>.
Io mi rivolsi a l'amoroso suono
del mio conforto; e qual io allor vidi
ne li occhi santi amor, qui l'abbandono:
non perch' io pur del mio parlar diffidi,
ma per la mente che non puo redire
sovra se tanto, s'altri non la guidi.
Tanto poss' io di quel punto ridire,
che, rimirando lei, lo mio affetto
libero fu da ogne altro disire,
fin che 'l piacere etterno, che diretto
raggiava in Beatrice, dal bel viso
mi contentava col secondo aspetto.
Vincendo me col lume d'un sorriso,
ella mi disse: <<Volgiti e ascolta;
che non pur ne' miei occhi e paradiso>>.
Come si vede qui alcuna volta
l'affetto ne la vista, s'elli e tanto,
che da lui sia tutta l'anima tolta,
cosi nel fiammeggiar del folgor santo,
a ch'io mi volsi, conobbi la voglia
in lui di ragionarmi ancora alquanto.
El comincio: <
e frutta sempre e mai non perde foglia,
spiriti son beati, che giu, prima
che venissero al ciel, fuor di gran voce,
si ch'ogne musa ne sarebbe opima.
Pero mira ne' corni de la croce:
quello ch'io nomero, li fara l'atto
che fa in nube il suo foco veloce>>.
Io vidi per la croce un lume tratto
dal nomar Iosue, com' el si feo;
ne mi fu noto il dir prima che 'l fatto.
E al nome de l'alto Macabeo
vidi moversi un altro roteando,
e letizia era ferza del paleo.
Cosi per Carlo Magno e per Orlando
due ne segui lo mio attento sguardo,
com' occhio segue suo falcon volando.
Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo
e 'l duca Gottifredi la mia vista
per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
Indi, tra l'altre luci mota e mista,
mostrommi l'alma che m'avea parlato
qual era tra i cantor del cielo artista.
Io mi rivolsi dal mio destro lato
per vedere in Beatrice il mio dovere,
o per parlare o per atto, segnato;
e vidi le sue luci tanto mere,
tanto gioconde, che la sua sembianza
vinceva li altri e l'ultimo solere.
E come, per sentir piu dilettanza
bene operando, l'uom di giorno in giorno
s'accorge che la sua virtute avanza,
si m'accors' io che 'l mio girare intorno
col cielo insieme avea cresciuto l'arco,
veggendo quel miracol piu addorno.
E qual e 'l trasmutare in picciol varco
di tempo in bianca donna, quando 'l volto
suo si discarchi di vergogna il carco,
tal fu ne li occhi miei, quando fui volto,
per lo candor de la temprata stella
sesta, che dentro a se m'avea ricolto.
Io vidi in quella giovial facella
lo sfavillar de l'amor che li era
segnare a li occhi miei nostra favella.
E come augelli surti di rivera,
quasi congratulando a lor pasture,
fanno di se or tonda or altra schiera,
si dentro ai lumi sante creature
volitando cantavano, e faciensi
or D, or I, or L in sue figure.
Prima, cantando, a sua nota moviensi;
poi, diventando l'un di questi segni,
un poco s'arrestavano e taciensi.
O diva Pegasea che li 'ngegni
fai gloriosi e rendili longevi,
ed essi teco le cittadi e ' regni,
illustrami di te, si ch'io rilevi
le lor figure com' io l'ho concette:
paia tua possa in questi versi brevi!
Mostrarsi dunque in cinque volte sette
vocali e consonanti; e io notai
le parti si, come mi parver dette.
'DILIGITE IUSTITIAM', primai
fur verbo e nome di tutto 'l dipinto;
'QUI IUDICATIS TERRAM', fur sezzai.