Quivi venimmo; e quindi giu nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
Dante - La Divina Commedia
qui non son femmine da conio>>.
I' mi raggiunsi con la scorta mia;
poscia con pochi passi divenimmo
la 'v' uno scoglio de la ripa uscia.
Assai leggeramente quel salimmo;
e volti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.
Quando noi fummo la dov' el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
lo duca disse: <<Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest' altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
pero che son con noi insieme andati>>.
Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venia verso noi da l'altra banda,
e che la ferza similmente scaccia.
E 'l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: <<Guarda quel grande che vene,
e per dolor non par lagrime spanda:
quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli e Iason, che per cuore e per senno
li Colchi del monton privati fene.
Ello passo per l'isola di Lenno
poi che l'ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni e con parole ornate
Isifile inganno, la giovinetta
che prima avea tutte l'altre ingannate.
Lasciolla quivi, gravida, soletta;
tal colpa a tal martiro lui condanna;
e anche di Medea si fa vendetta.
Con lui sen va chi da tal parte inganna;
e questo basti de la prima valle
sapere e di color che 'n se assanna>>.
Gia eravam la 've lo stretto calle
con l'argine secondo s'incrocicchia,
e fa di quello ad un altr' arco spalle.
Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,
e se medesma con le palme picchia.
Le ripe eran grommate d'una muffa,
per l'alito di giu che vi s'appasta,
che con li occhi e col naso facea zuffa.
Lo fondo e cupo si, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
de l'arco, ove lo scoglio piu sovrasta.
Quivi venimmo; e quindi giu nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
E mentre ch'io la giu con l'occhio cerco,
vidi un col capo si di merda lordo,
che non parea s'era laico o cherco.
Quei mi sgrido: <<Perche se' tu si gordo
di riguardar piu me che li altri brutti? >>.
E io a lui: <<Perche, se ben ricordo,
gia t'ho veduto coi capelli asciutti,
e se' Alessio Interminei da Lucca:
pero t'adocchio piu che li altri tutti>>.
Ed elli allor, battendosi la zucca:
<<Qua giu m'hanno sommerso le lusinghe
ond' io non ebbi mai la lingua stucca>>.
Appresso cio lo duca <<Fa che pinghe>>,
mi disse, <<il viso un poco piu avante,
si che la faccia ben con l'occhio attinghe
di quella sozza e scapigliata fante
che la si graffia con l'unghie merdose,
e or s'accoscia e ora e in piedi stante.
Taide e, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse "Ho io grazie
grandi apo te? ": "Anzi maravigliose! ".
E quinci sian le nostre viste sazie>>.
Inferno ? Canto XIX
O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
pero che ne la terza bolgia state.
Gia eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.
O somma sapienza, quanta e l'arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtu comparte!
Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fori,
d'un largo tutti e ciascun era tondo.
I' mi raggiunsi con la scorta mia;
poscia con pochi passi divenimmo
la 'v' uno scoglio de la ripa uscia.
Assai leggeramente quel salimmo;
e volti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.
Quando noi fummo la dov' el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
lo duca disse: <<Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest' altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
pero che son con noi insieme andati>>.
Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venia verso noi da l'altra banda,
e che la ferza similmente scaccia.
E 'l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: <<Guarda quel grande che vene,
e per dolor non par lagrime spanda:
quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli e Iason, che per cuore e per senno
li Colchi del monton privati fene.
Ello passo per l'isola di Lenno
poi che l'ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni e con parole ornate
Isifile inganno, la giovinetta
che prima avea tutte l'altre ingannate.
Lasciolla quivi, gravida, soletta;
tal colpa a tal martiro lui condanna;
e anche di Medea si fa vendetta.
Con lui sen va chi da tal parte inganna;
e questo basti de la prima valle
sapere e di color che 'n se assanna>>.
Gia eravam la 've lo stretto calle
con l'argine secondo s'incrocicchia,
e fa di quello ad un altr' arco spalle.
Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,
e se medesma con le palme picchia.
Le ripe eran grommate d'una muffa,
per l'alito di giu che vi s'appasta,
che con li occhi e col naso facea zuffa.
Lo fondo e cupo si, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
de l'arco, ove lo scoglio piu sovrasta.
Quivi venimmo; e quindi giu nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
E mentre ch'io la giu con l'occhio cerco,
vidi un col capo si di merda lordo,
che non parea s'era laico o cherco.
Quei mi sgrido: <<Perche se' tu si gordo
di riguardar piu me che li altri brutti? >>.
E io a lui: <<Perche, se ben ricordo,
gia t'ho veduto coi capelli asciutti,
e se' Alessio Interminei da Lucca:
pero t'adocchio piu che li altri tutti>>.
Ed elli allor, battendosi la zucca:
<<Qua giu m'hanno sommerso le lusinghe
ond' io non ebbi mai la lingua stucca>>.
Appresso cio lo duca <<Fa che pinghe>>,
mi disse, <<il viso un poco piu avante,
si che la faccia ben con l'occhio attinghe
di quella sozza e scapigliata fante
che la si graffia con l'unghie merdose,
e or s'accoscia e ora e in piedi stante.
Taide e, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse "Ho io grazie
grandi apo te? ": "Anzi maravigliose! ".
E quinci sian le nostre viste sazie>>.
Inferno ? Canto XIX
O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
pero che ne la terza bolgia state.
Gia eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.
O somma sapienza, quanta e l'arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtu comparte!
Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fori,
d'un largo tutti e ciascun era tondo.