Ov' e 'l buon Lizio e Arrigo
Mainardi?
Dante - La Divina Commedia
Tra brutti porci, piu degni di galle
che d'altro cibo fatto in uman uso,
dirizza prima il suo povero calle.
Botoli trova poi, venendo giuso,
ringhiosi piu che non chiede lor possa,
e da lor disdegnosa torce il muso.
Vassi caggendo; e quant' ella piu 'ngrossa,
tanto piu trova di can farsi lupi
la maladetta e sventurata fossa.
Discesa poi per piu pelaghi cupi,
trova le volpi si piene di froda,
che non temono ingegno che le occupi.
Ne lascero di dir perch' altri m'oda;
e buon sara costui, s'ancor s'ammenta
di cio che vero spirto mi disnoda.
Io veggio tuo nepote che diventa
cacciator di quei lupi in su la riva
del fiero fiume, e tutti li sgomenta.
Vende la carne loro essendo viva;
poscia li ancide come antica belva;
molti di vita e se di pregio priva.
Sanguinoso esce de la trista selva;
lasciala tal, che di qui a mille anni
ne lo stato primaio non si rinselva>>.
Com' a l'annunzio di dogliosi danni
si turba il viso di colui ch'ascolta,
da qual che parte il periglio l'assanni,
cosi vid' io l'altr' anima, che volta
stava a udir, turbarsi e farsi trista,
poi ch'ebbe la parola a se raccolta.
Lo dir de l'una e de l'altra la vista
mi fer voglioso di saper lor nomi,
e dimanda ne fei con prieghi mista;
per che lo spirto che di pria parlomi
ricomincio: <<Tu vuo' ch'io mi deduca
nel fare a te cio che tu far non vuo'mi.
Ma da che Dio in te vuol che traluca
tanto sua grazia, non ti saro scarso;
pero sappi ch'io fui Guido del Duca.
Fu il sangue mio d'invidia si riarso,
che se veduto avesse uom farsi lieto,
visto m'avresti di livore sparso.
Di mia semente cotal paglia mieto;
o gente umana, perche poni 'l core
la 'v' e mestier di consorte divieto?
Questi e Rinier; questi e 'l pregio e l'onore
de la casa da Calboli, ove nullo
fatto s'e reda poi del suo valore.
E non pur lo suo sangue e fatto brullo,
tra 'l Po e 'l monte e la marina e 'l Reno,
del ben richesto al vero e al trastullo;
che dentro a questi termini e ripieno
di venenosi sterpi, si che tardi
per coltivare omai verrebber meno.
Ov' e 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi?
Pier Traversaro e Guido di Carpigna?
Oh Romagnuoli tornati in bastardi!
Quando in Bologna un Fabbro si ralligna?
quando in Faenza un Bernardin di Fosco,
verga gentil di picciola gramigna?
Non ti maravigliar s'io piango, Tosco,
quando rimembro, con Guido da Prata,
Ugolin d'Azzo che vivette nosco,
Federigo Tignoso e sua brigata,
la casa Traversara e li Anastagi
(e l'una gente e l'altra e diretata),
le donne e ' cavalier, li affanni e li agi
che ne 'nvogliava amore e cortesia
la dove i cuor son fatti si malvagi.
O Bretinoro, che non fuggi via,
poi che gita se n'e la tua famiglia
e molta gente per non esser ria?
Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia;
e mal fa Castrocaro, e peggio Conio,
che di figliar tai conti piu s'impiglia.
Ben faranno i Pagan, da che 'l demonio
lor sen gira; ma non pero che puro
gia mai rimagna d'essi testimonio.
O Ugolin de' Fantolin, sicuro
e 'l nome tuo, da che piu non s'aspetta
chi far lo possa, tralignando, scuro.
Ma va via, Tosco, omai; ch'or mi diletta
troppo di pianger piu che di parlare,
si m'ha nostra ragion la mente stretta>>.
Noi sapavam che quell' anime care
ci sentivano andar; pero, tacendo,
facean noi del cammin confidare.
Poi fummo fatti soli procedendo,
folgore parve quando l'aere fende,
voce che giunse di contra dicendo:
'Anciderammi qualunque m'apprende';
e fuggi come tuon che si dilegua,
se subito la nuvola scoscende.
Come da lei l'udir nostro ebbe triegua,
ed ecco l'altra con si gran fracasso,
che somiglio tonar che tosto segua:
<<Io sono Aglauro che divenni sasso>>;
e allor, per ristrignermi al poeta,
in destro feci, e non innanzi, il passo.
Gia era l'aura d'ogne parte queta;
ed el mi disse: <<Quel fu 'l duro camo
che dovria l'uom tener dentro a sua meta.
Ma voi prendete l'esca, si che l'amo
de l'antico avversaro a se vi tira;
e pero poco val freno o richiamo.