Come quando una grossa nebbia spira,
o quando l'emisperio nostro annotta,
par di lungi un molin che 'l vento gira,
veder mi parve un tal dificio allotta;
poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio, che non li era altra grotta.
o quando l'emisperio nostro annotta,
par di lungi un molin che 'l vento gira,
veder mi parve un tal dificio allotta;
poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio, che non li era altra grotta.
Dante - La Divina Commedia
<<Oh>>, diss' io lui, <<or se' tu ancor morto? >>.
Ed elli a me: <<Come 'l mio corpo stea
nel mondo su, nulla scienza porto.
Cotal vantaggio ha questa Tolomea,
che spesse volte l'anima ci cade
innanzi ch'Atropos mossa le dea.
E perche tu piu volentier mi rade
le 'nvetriate lagrime dal volto,
sappie che, tosto che l'anima trade
come fec' io, il corpo suo l'e tolto
da un demonio, che poscia il governa
mentre che 'l tempo suo tutto sia volto.
Ella ruina in si fatta cisterna;
e forse pare ancor lo corpo suso
de l'ombra che di qua dietro mi verna.
Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso:
elli e ser Branca Doria, e son piu anni
poscia passati ch'el fu si racchiuso>>.
<<Io credo>>, diss' io lui, <<che tu m'inganni;
che Branca Doria non mori unquanche,
e mangia e bee e dorme e veste panni>>.
<<Nel fosso su>>, diss' el, <<de' Malebranche,
la dove bolle la tenace pece,
non era ancora giunto Michel Zanche,
che questi lascio il diavolo in sua vece
nel corpo suo, ed un suo prossimano
che 'l tradimento insieme con lui fece.
Ma distendi oggimai in qua la mano;
aprimi li occhi>>. E io non gliel' apersi;
e cortesia fu lui esser villano.
Ahi Genovesi, uomini diversi
d'ogne costume e pien d'ogne magagna,
perche non siete voi del mondo spersi?
Che col peggiore spirto di Romagna
trovai di voi un tal, che per sua opra
in anima in Cocito gia si bagna,
e in corpo par vivo ancor di sopra.
Inferno ? Canto XXXIV
<<Vexilla regis prodeunt inferni
verso di noi; pero dinanzi mira>>,
disse 'l maestro mio, <<se tu 'l discerni>>.
Come quando una grossa nebbia spira,
o quando l'emisperio nostro annotta,
par di lungi un molin che 'l vento gira,
veder mi parve un tal dificio allotta;
poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio, che non li era altra grotta.
Gia era, e con paura il metto in metro,
la dove l'ombre tutte eran coperte,
e trasparien come festuca in vetro.
Altre sono a giacere; altre stanno erte,
quella col capo e quella con le piante;
altra, com' arco, il volto a' pie rinverte.
Quando noi fummo fatti tanto avante,
ch'al mio maestro piacque di mostrarmi
la creatura ch'ebbe il bel sembiante,
d'innanzi mi si tolse e fe restarmi,
<<Ecco Dite>>, dicendo, <<ed ecco il loco
ove convien che di fortezza t'armi>>.
Com' io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,
pero ch'ogne parlar sarebbe poco.
Io non mori' e non rimasi vivo;
pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
qual io divenni, d'uno e d'altro privo.
Lo 'mperador del doloroso regno
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e piu con un gigante io mi convegno,
che i giganti non fan con le sue braccia:
vedi oggimai quant' esser dee quel tutto
ch'a cosi fatta parte si confaccia.
S'el fu si bel com' elli e ora brutto,
e contra 'l suo fattore alzo le ciglia,
ben dee da lui procedere ogne lutto.
Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand' io vidi tre facce a la sua testa!
L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
l'altr' eran due, che s'aggiugnieno a questa
sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
e se giugnieno al loco de la cresta:
e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di la onde 'l Nilo s'avvalla.
Sotto ciascuna uscivan due grand' ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid' io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
si che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s'aggelava.
Con sei occhi piangea, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
si che tre ne facea cosi dolenti.
A quel dinanzi il mordere era nulla
verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla.
<<Quell' anima la su c'ha maggior pena>>,
disse 'l maestro, <<e Giuda Scariotto,
che 'l capo ha dentro e fuor le gambe mena.