E 'l duca mio a me: <
tra li
scheggion
del ponte quatto quatto,
sicuramente omai a me ti riedi>>.
sicuramente omai a me ti riedi>>.
Dante - La Divina Commedia
Quel s'attuffo, e torno su convolto;
ma i demon che del ponte avean coperchio,
gridar: <<Qui non ha loco il Santo Volto!
qui si nuota altrimenti che nel Serchio!
Pero, se tu non vuo' di nostri graffi,
non far sopra la pegola soverchio>>.
Poi l'addentar con piu di cento raffi,
disser: <<Coverto convien che qui balli,
si che, se puoi, nascosamente accaffi>>.
Non altrimenti i cuoci a' lor vassalli
fanno attuffare in mezzo la caldaia
la carne con li uncin, perche non galli.
Lo buon maestro <<Accio che non si paia
che tu ci sia>>, mi disse, <<giu t'acquatta
dopo uno scheggio, ch'alcun schermo t'aia;
e per nulla offension che mi sia fatta,
non temer tu, ch'i' ho le cose conte,
perch' altra volta fui a tal baratta>>.
Poscia passo di la dal co del ponte;
e com' el giunse in su la ripa sesta,
mestier li fu d'aver sicura fronte.
Con quel furore e con quella tempesta
ch'escono i cani a dosso al poverello
che di subito chiede ove s'arresta,
usciron quei di sotto al ponticello,
e volser contra lui tutt' i runcigli;
ma el grido: <<Nessun di voi sia fello!
Innanzi che l'uncin vostro mi pigli,
traggasi avante l'un di voi che m'oda,
e poi d'arruncigliarmi si consigli>>.
Tutti gridaron: <<Vada Malacoda! >>;
per ch'un si mosse--e li altri stetter fermi--
e venne a lui dicendo: <<Che li approda? >>.
<<Credi tu, Malacoda, qui vedermi
esser venuto>>, disse 'l mio maestro,
<<sicuro gia da tutti vostri schermi,
sanza voler divino e fato destro?
Lascian' andar, che nel cielo e voluto
ch'i' mostri altrui questo cammin silvestro>>.
Allor li fu l'orgoglio si caduto,
ch'e' si lascio cascar l'uncino a' piedi,
e disse a li altri: <<Omai non sia feruto>>.
E 'l duca mio a me: <
sicuramente omai a me ti riedi>>.
Per ch'io mi mossi e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti,
si ch'io temetti ch'ei tenesser patto;
cosi vid' io gia temer li fanti
ch'uscivan patteggiati di Caprona,
veggendo se tra nemici cotanti.
I' m'accostai con tutta la persona
lungo 'l mio duca, e non torceva li occhi
da la sembianza lor ch'era non buona.
Ei chinavan li raffi e <<Vuo' che 'l tocchi>>,
diceva l'un con l'altro, <<in sul groppone? >>.
E rispondien: <<Si, fa che gliel' accocchi>>.
Ma quel demonio che tenea sermone
col duca mio, si volse tutto presto
e disse: <<Posa, posa, Scarmiglione! >>.
Poi disse a noi: <<Piu oltre andar per questo
iscoglio non si puo, pero che giace
tutto spezzato al fondo l'arco sesto.
E se l'andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta;
presso e un altro scoglio che via face.
Ier, piu oltre cinqu' ore che quest' otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compie che qui la via fu rotta.
Io mando verso la di questi miei
a riguardar s'alcun se ne sciorina;
gite con lor, che non saranno rei>>.
<<Tra'ti avante, Alichino, e Calcabrina>>,
comincio elli a dire, <<e tu, Cagnazzo;
e Barbariccia guidi la decina.
Libicocco vegn' oltre e Draghignazzo,
Ciriatto sannuto e Graffiacane
e Farfarello e Rubicante pazzo.
Cercate 'ntorno le boglienti pane;
costor sian salvi infino a l'altro scheggio
che tutto intero va sovra le tane>>.
<<Ome, maestro, che e quel ch'i' veggio?