E quella fronte c'ha 'l pel cosi nero,
e Azzolino; e quell' altro ch'e biondo,
e Opizzo da Esti, il qual per vero
fu spento dal figliastro su nel mondo>>.
e Azzolino; e quell' altro ch'e biondo,
e Opizzo da Esti, il qual per vero
fu spento dal figliastro su nel mondo>>.
Dante - La Divina Commedia
Ditel costinci; se non, l'arco tiro>>.
Lo mio maestro disse: <<La risposta
farem noi a Chiron costa di presso:
mal fu la voglia tua sempre si tosta>>.
Poi mi tento, e disse: <<Quelli e Nesso,
che mori per la bella Deianira,
e fe di se la vendetta elli stesso.
E quel di mezzo, ch'al petto si mira,
e il gran Chiron, il qual nodri Achille;
quell' altro e Folo, che fu si pien d'ira.
Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
saettando qual anima si svelle
del sangue piu che sua colpa sortille>>.
Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
Chiron prese uno strale, e con la cocca
fece la barba in dietro a le mascelle.
Quando s'ebbe scoperta la gran bocca,
disse a' compagni: <<Siete voi accorti
che quel di retro move cio ch'el tocca?
Cosi non soglion far li pie d'i morti>>.
E 'l mio buon duca, che gia li er' al petto,
dove le due nature son consorti,
rispuose: <<Ben e vivo, e si soletto
mostrar li mi convien la valle buia;
necessita 'l ci 'nduce, e non diletto.
Tal si parti da cantare alleluia
che mi commise quest' officio novo:
non e ladron, ne io anima fuia.
Ma per quella virtu per cu' io movo
li passi miei per si selvaggia strada,
danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,
e che ne mostri la dove si guada,
e che porti costui in su la groppa,
che non e spirto che per l'aere vada>>.
Chiron si volse in su la destra poppa,
e disse a Nesso: <<Torna, e si li guida,
e fa cansar s'altra schiera v'intoppa>>.
Or ci movemmo con la scorta fida
lungo la proda del bollor vermiglio,
dove i bolliti facieno alte strida.
Io vidi gente sotto infino al ciglio;
e 'l gran centauro disse: <<E' son tiranni
che dier nel sangue e ne l'aver di piglio.
Quivi si piangon li spietati danni;
quivi e Alessandro, e Dionisio fero
che fe Cicilia aver dolorosi anni.
E quella fronte c'ha 'l pel cosi nero,
e Azzolino; e quell' altro ch'e biondo,
e Opizzo da Esti, il qual per vero
fu spento dal figliastro su nel mondo>>.
Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
<<Questi ti sia or primo, e io secondo>>.
Poco piu oltre il centauro s'affisse
sovr' una gente che 'nfino a la gola
parea che di quel bulicame uscisse.
Mostrocci un'ombra da l'un canto sola,
dicendo: <<Colui fesse in grembo a Dio
lo cor che 'n su Tamisi ancor si cola>>.
Poi vidi gente che di fuor del rio
tenean la testa e ancor tutto 'l casso;
e di costoro assai riconobb' io.
Cosi a piu a piu si facea basso
quel sangue, si che cocea pur li piedi;
e quindi fu del fosso il nostro passo.
<<Si come tu da questa parte vedi
lo bulicame che sempre si scema>>,
disse 'l centauro, <<voglio che tu credi
che da quest' altra a piu a piu giu prema
lo fondo suo, infin ch'el si raggiunge
ove la tirannia convien che gema.
La divina giustizia di qua punge
quell' Attila che fu flagello in terra,
e Pirro e Sesto; e in etterno munge
le lagrime, che col bollor diserra,
a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
che fecero a le strade tanta guerra>>.
Poi si rivolse e ripassossi 'l guazzo.
Inferno ? Canto XIII
Non era ancor di la Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato.
Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e 'nvolti;
non pomi v'eran, ma stecchi con tosco.
Non han si aspri sterpi ne si folti
quelle fiere selvagge che 'n odio hanno
tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani,
pie con artigli, e pennuto 'l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani.
E 'l buon maestro <<Prima che piu entre,
sappi che se' nel secondo girone>>,
mi comincio a dire, <<e sarai mentre
che tu verrai ne l'orribil sabbione.