E come noi lo mal ch'avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto.
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto.
Dante - La Divina Commedia
Li occhi miei, ch'a mirare eran contenti
per veder novitadi ond' e' son vaghi,
volgendosi ver' lui non furon lenti.
Non vo' pero, lettor, che tu ti smaghi
di buon proponimento per udire
come Dio vuol che 'l debito si paghi.
Non attender la forma del martire:
pensa la succession; pensa ch'al peggio
oltre la gran sentenza non puo ire.
Io cominciai: <<Maestro, quel ch'io veggio
muovere a noi, non mi sembian persone,
e non so che, si nel veder vaneggio>>.
Ed elli a me: <<La grave condizione
di lor tormento a terra li rannicchia,
si che ' miei occhi pria n'ebber tencione.
Ma guarda fiso la, e disviticchia
col viso quel che vien sotto a quei sassi:
gia scorger puoi come ciascun si picchia>>.
O superbi cristian, miseri lassi,
che, de la vista de la mente infermi,
fidanza avete ne' retrosi passi,
non v'accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l'angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi?
Di che l'animo vostro in alto galla,
poi siete quasi antomata in difetto,
si come vermo in cui formazion falla?
Come per sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto,
la qual fa del non ver vera rancura
nascere 'n chi la vede; cosi fatti
vid' io color, quando puosi ben cura.
Vero e che piu e meno eran contratti
secondo ch'avien piu e meno a dosso;
e qual piu pazienza avea ne li atti,
piangendo parea dicer: 'Piu non posso'.
Purgatorio ? Canto XI
<<O Padre nostro, che ne' cieli stai,
non circunscritto, ma per piu amore
ch'ai primi effetti di la su tu hai,
laudato sia 'l tuo nome e 'l tuo valore
da ogne creatura, com' e degno
di render grazie al tuo dolce vapore.
Vegna ver' noi la pace del tuo regno,
che noi ad essa non potem da noi,
s'ella non vien, con tutto nostro ingegno.
Come del suo voler li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
cosi facciano li uomini de' suoi.
Da oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi piu di gir s'affanna.
E come noi lo mal ch'avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto.
Nostra virtu che di legger s'adona,
non spermentar con l'antico avversaro,
ma libera da lui che si la sprona.
Quest' ultima preghiera, segnor caro,
gia non si fa per noi, che non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro>>.
Cosi a se e noi buona ramogna
quell' ombre orando, andavan sotto 'l pondo,
simile a quel che talvolta si sogna,
disparmente angosciate tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando la caligine del mondo.
Se di la sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
da quei c'hanno al voler buona radice?
Ben si de' loro atar lavar le note
che portar quinci, si che, mondi e lievi,
possano uscire a le stellate ruote.
<<Deh, se giustizia e pieta vi disgrievi
tosto, si che possiate muover l'ala,
che secondo il disio vostro vi lievi,
mostrate da qual mano inver' la scala
si va piu corto; e se c'e piu d'un varco,
quel ne 'nsegnate che men erto cala;
che questi che vien meco, per lo 'ncarco
de la carne d'Adamo onde si veste,
al montar su, contra sua voglia, e parco>>.
Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui cu' io seguiva,
non fur da cui venisser manifeste;
ma fu detto: <<A man destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
possibile a salir persona viva.
E s'io non fossi impedito dal sasso
che la cervice mia superba doma,
onde portar convienmi il viso basso,
cotesti, ch'ancor vive e non si noma,
guardere' io, per veder s'i' 'l conosco,
e per farlo pietoso a questa soma.
Io fui latino e nato d'un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se 'l nome suo gia mai fu vosco.
L'antico sangue e l'opere leggiadre
d'i miei maggior mi fer si arrogante,
che, non pensando a la comune madre,
ogn' uomo ebbi in despetto tanto avante,
ch'io ne mori', come i Sanesi sanno,
e sallo in Campagnatico ogne fante.
Io sono Omberto; e non pur a me danno
superbia fa, che tutti miei consorti
ha ella tratti seco nel malanno.
E qui convien ch'io questo peso porti
per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
poi ch'io nol fe' tra ' vivi, qui tra ' morti>>.
Ascoltando chinai in giu la faccia;
e un di lor, non questi che parlava,
si torse sotto il peso che li 'mpaccia,
e videmi e conobbemi e chiamava,
tenendo li occhi con fatica fisi
a me che tutto chin con loro andava.
<<Oh! >>, diss' io lui, <<non se' tu Oderisi,
l'onor d'Agobbio e l'onor di quell' arte
ch'alluminar chiamata e in Parisi?