Levati quinci e non mi dar piu lagna,
che mal sai lusingar per questa lama!
che mal sai lusingar per questa lama!
Dante - La Divina Commedia
Se vuoi saper chi son cotesti due,
la valle onde Bisenzo si dichina
del padre loro Alberto e di lor fue.
D'un corpo usciro; e tutta la Caina
potrai cercare, e non troverai ombra
degna piu d'esser fitta in gelatina:
non quelli a cui fu rotto il petto e l'ombra
con esso un colpo per la man d'Artu;
non Focaccia; non questi che m'ingombra
col capo si, ch'i' non veggio oltre piu,
e fu nomato Sassol Mascheroni;
se tosco se', ben sai omai chi fu.
E perche non mi metti in piu sermoni,
sappi ch'i' fu' il Camiscion de' Pazzi;
e aspetto Carlin che mi scagioni>>.
Poscia vid' io mille visi cagnazzi
fatti per freddo; onde mi vien riprezzo,
e verra sempre, de' gelati guazzi.
E mentre ch'andavamo inver' lo mezzo
al quale ogne gravezza si rauna,
e io tremava ne l'etterno rezzo;
se voler fu o destino o fortuna,
non so; ma, passeggiando tra le teste,
forte percossi 'l pie nel viso ad una.
Piangendo mi sgrido: <<Perche mi peste?
se tu non vieni a crescer la vendetta
di Montaperti, perche mi moleste? >>.
E io: <<Maestro mio, or qui m'aspetta,
si ch'io esca d'un dubbio per costui;
poi mi farai, quantunque vorrai, fretta>>.
Lo duca stette, e io dissi a colui
che bestemmiava duramente ancora:
<<Qual se' tu che cosi rampogni altrui? >>.
<<Or tu chi se' che vai per l'Antenora,
percotendo>>, rispuose, <<altrui le gote,
si che, se fossi vivo, troppo fora? >>.
<<Vivo son io, e caro esser ti puote>>,
fu mia risposta, <<se dimandi fama,
ch'io metta il nome tuo tra l'altre note>>.
Ed elli a me: <<Del contrario ho io brama.
Levati quinci e non mi dar piu lagna,
che mal sai lusingar per questa lama! >>.
Allor lo presi per la cuticagna
e dissi: <<El converra che tu ti nomi,
o che capel qui su non ti rimagna>>.
Ond' elli a me: <<Perche tu mi dischiomi,
ne ti diro ch'io sia, ne mosterrolti,
se mille fiate in sul capo mi tomi>>.
Io avea gia i capelli in mano avvolti,
e tratti glien' avea piu d'una ciocca,
latrando lui con li occhi in giu raccolti,
quando un altro grido: <<Che hai tu, Bocca?
non ti basta sonar con le mascelle,
se tu non latri? qual diavol ti tocca? >>.
<<Omai>>, diss' io, <<non vo' che piu favelle,
malvagio traditor; ch'a la tua onta
io portero di te vere novelle>>.
<<Va via>>, rispuose, <<e cio che tu vuoi conta;
ma non tacer, se tu di qua entro eschi,
di quel ch'ebbe or cosi la lingua pronta.
El piange qui l'argento de' Franceschi:
"Io vidi", potrai dir, "quel da Duera
la dove i peccatori stanno freschi".
Se fossi domandato "Altri chi v'era? ",
tu hai dallato quel di Beccheria
di cui sego Fiorenza la gorgiera.
Gianni de' Soldanier credo che sia
piu la con Ganellone e Tebaldello,
ch'apri Faenza quando si dormia>>.
Noi eravam partiti gia da ello,
ch'io vidi due ghiacciati in una buca,
si che l'un capo a l'altro era cappello;
e come 'l pan per fame si manduca,
cosi 'l sovran li denti a l'altro pose
la 've 'l cervel s'aggiugne con la nuca:
non altrimenti Tideo si rose
le tempie a Menalippo per disdegno,
che quei faceva il teschio e l'altre cose.
<<O tu che mostri per si bestial segno
odio sovra colui che tu ti mangi,
dimmi 'l perche>>, diss' io, <<per tal convegno,
che se tu a ragion di lui ti piangi,
sappiendo chi voi siete e la sua pecca,
nel mondo suso ancora io te ne cangi,
se quella con ch'io parlo non si secca>>.