Bellincion Berti vid' io andar cinto
di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza 'l viso dipinto;
e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.
di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza 'l viso dipinto;
e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.
Dante - La Divina Commedia
E segui: <<Grato e lontano digiuno,
tratto leggendo del magno volume
du' non si muta mai bianco ne bruno,
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, merce di colei
ch'a l'alto volo ti vesti le piume.
Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel ch'e primo, cosi come raia
da l'un, se si conosce, il cinque e 'l sei;
e pero ch'io mi sia e perch' io paia
piu gaudioso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.
Tu credi 'l vero; che i minori e ' grandi
di questa vita miran ne lo speglio
in che, prima che pensi, il pensier pandi;
ma perche 'l sacro amore in che io veglio
con perpetua vista e che m'asseta
di dolce disiar, s'adempia meglio,
la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volonta, suoni 'l disio,
a che la mia risposta e gia decreta! >>.
Io mi volsi a Beatrice, e quella udio
pria ch'io parlassi, e arrisemi un cenno
che fece crescer l'ali al voler mio.
Poi cominciai cosi: <<L'affetto e 'l senno,
come la prima equalita v'apparse,
d'un peso per ciascun di voi si fenno,
pero che 'l sol che v'allumo e arse,
col caldo e con la luce e si iguali,
che tutte simiglianze sono scarse.
Ma voglia e argomento ne' mortali,
per la cagion ch'a voi e manifesta,
diversamente son pennuti in ali;
ond' io, che son mortal, mi sento in questa
disagguaglianza, e pero non ringrazio
se non col core a la paterna festa.
Ben supplico io a te, vivo topazio
che questa gioia preziosa ingemmi,
perche mi facci del tuo nome sazio>>.
<<O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice>>:
cotal principio, rispondendo, femmi.
Poscia mi disse: <<Quel da cui si dice
tua cognazione e che cent' anni e piue
girato ha 'l monte in la prima cornice,
mio figlio fu e tuo bisavol fue:
ben si convien che la lunga fatica
tu li raccorci con l'opere tue.
Fiorenza dentro da la cerchia antica,
ond' ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.
Non avea catenella, non corona,
non gonne contigiate, non cintura
che fosse a veder piu che la persona.
Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre, che 'l tempo e la dote
non fuggien quinci e quindi la misura.
Non avea case di famiglia vote;
non v'era giunto ancor Sardanapalo
a mostrar cio che 'n camera si puote.
Non era vinto ancora Montemalo
dal vostro Uccellatoio, che, com' e vinto
nel montar su, cosi sara nel calo.
Bellincion Berti vid' io andar cinto
di cuoio e d'osso, e venir da lo specchio
la donna sua sanza 'l viso dipinto;
e vidi quel d'i Nerli e quel del Vecchio
esser contenti a la pelle scoperta,
e le sue donne al fuso e al pennecchio.
Oh fortunate! ciascuna era certa
de la sua sepultura, e ancor nulla
era per Francia nel letto diserta.
L'una vegghiava a studio de la culla,
e, consolando, usava l'idioma
che prima i padri e le madri trastulla;
l'altra, traendo a la rocca la chioma,
favoleggiava con la sua famiglia
d'i Troiani, di Fiesole e di Roma.
Saria tenuta allor tal maraviglia
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or saria Cincinnato e Corniglia.
A cosi riposato, a cosi bello
viver di cittadini, a cosi fida
cittadinanza, a cosi dolce ostello,
Maria mi die, chiamata in alte grida;
e ne l'antico vostro Batisteo
insieme fui cristiano e Cacciaguida.
Moronto fu mio frate ed Eliseo;
mia donna venne a me di val di Pado,
e quindi il sopranome tuo si feo.
Poi seguitai lo 'mperador Currado;
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni in grado.
Dietro li andai incontro a la nequizia
di quella legge il cui popolo usurpa,
per colpa d'i pastor, vostra giustizia.
Quivi fu' io da quella gente turpa
disviluppato dal mondo fallace,
lo cui amor molt' anime deturpa;
e venni dal martiro a questa pace>>.
Paradiso ? Canto XVI
O poca nostra nobilta di sangue,
se gloriar di te la gente fai
qua giu dove l'affetto nostro langue,
mirabil cosa non mi sara mai:
che la dove appetito non si torce,
dico nel cielo, io me ne gloriai.
Ben se' tu manto che tosto raccorce:
si che, se non s'appon di di in die,
lo tempo va dintorno con le force.
Dal 'voi' che prima a Roma s'offerie,
in che la sua famiglia men persevra,
ricominciaron le parole mie;
onde Beatrice, ch'era un poco scevra,
ridendo, parve quella che tossio
al primo fallo scritto di Ginevra.
Io cominciai: <<Voi siete il padre mio;
voi mi date a parlar tutta baldezza;
voi mi levate si, ch'i' son piu ch'io.
Per tanti rivi s'empie d'allegrezza
la mente mia, che di se fa letizia
perche puo sostener che non si spezza.