Poi
caramente
mi prese per mano
e disse: <
accio che 'l fatto men ti paia strano,
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l'umbilico in giuso tutti quanti>>.
e disse: <
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l'umbilico in giuso tutti quanti>>.
Dante - La Divina Commedia
Ad ascoltarli er' io del tutto fisso,
quando 'l maestro mi disse: <<Or pur mira,
che per poco che teco non mi risso! >>.
Quand' io 'l senti' a me parlar con ira,
volsimi verso lui con tal vergogna,
ch'ancor per la memoria mi si gira.
Qual e colui che suo dannaggio sogna,
che sognando desidera sognare,
si che quel ch'e, come non fosse, agogna,
tal mi fec' io, non possendo parlare,
che disiava scusarmi, e scusava
me tuttavia, e nol mi credea fare.
<<Maggior difetto men vergogna lava>>,
disse 'l maestro, <<che 'l tuo non e stato;
pero d'ogne trestizia ti disgrava.
E fa ragion ch'io ti sia sempre allato,
se piu avvien che fortuna t'accoglia
dove sien genti in simigliante piato:
che voler cio udire e bassa voglia>>.
Inferno ? Canto XXXI
Una medesma lingua pria mi morse,
si che mi tinse l'una e l'altra guancia,
e poi la medicina mi riporse;
cosi od' io che solea far la lancia
d'Achille e del suo padre esser cagione
prima di trista e poi di buona mancia.
Noi demmo il dosso al misero vallone
su per la ripa che 'l cinge dintorno,
attraversando sanza alcun sermone.
Quiv' era men che notte e men che giorno,
si che 'l viso m'andava innanzi poco;
ma io senti' sonare un alto corno,
tanto ch'avrebbe ogne tuon fatto fioco,
che, contra se la sua via seguitando,
dirizzo li occhi miei tutti ad un loco.
Dopo la dolorosa rotta, quando
Carlo Magno perde la santa gesta,
non sono si terribilmente Orlando.
Poco portai in la volta la testa,
che me parve veder molte alte torri;
ond' io: <<Maestro, di, che terra e questa? >>.
Ed elli a me: <<Pero che tu trascorri
per le tenebre troppo da la lungi,
avvien che poi nel maginare abborri.
Tu vedrai ben, se tu la ti congiungi,
quanto 'l senso s'inganna di lontano;
pero alquanto piu te stesso pungi>>.
Poi caramente mi prese per mano
e disse: <
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l'umbilico in giuso tutti quanti>>.
Come quando la nebbia si dissipa,
lo sguardo a poco a poco raffigura
cio che cela 'l vapor che l'aere stipa,
cosi forando l'aura grossa e scura,
piu e piu appressando ver' la sponda,
fuggiemi errore e cresciemi paura;
pero che, come su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona,
cosi la proda che 'l pozzo circonda
torreggiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tuona.
E io scorgeva gia d'alcun la faccia,
le spalle e 'l petto e del ventre gran parte,
e per le coste giu ambo le braccia.
Natura certo, quando lascio l'arte
di si fatti animali, assai fe bene
per torre tali essecutori a Marte.
E s'ella d'elefanti e di balene
non si pente, chi guarda sottilmente,
piu giusta e piu discreta la ne tene;
che dove l'argomento de la mente
s'aggiugne al mal volere e a la possa,
nessun riparo vi puo far la gente.
La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina di San Pietro a Roma,
e a sua proporzione eran l'altre ossa;
si che la ripa, ch'era perizoma
dal mezzo in giu, ne mostrava ben tanto
di sovra, che di giugnere a la chioma
tre Frison s'averien dato mal vanto;
pero ch'i' ne vedea trenta gran palmi
dal loco in giu dov' omo affibbia 'l manto.
<<Raphel mai amecche zabi almi>>,
comincio a gridar la fiera bocca,
cui non si convenia piu dolci salmi.
E 'l duca mio ver' lui: <<Anima sciocca,
tienti col corno, e con quel ti disfoga
quand' ira o altra passion ti tocca!
Cercati al collo, e troverai la soga
che 'l tien legato, o anima confusa,
e vedi lui che 'l gran petto ti doga>>.
Poi disse a me: <<Elli stessi s'accusa;
questi e Nembrotto per lo cui mal coto
pur un linguaggio nel mondo non s'usa.
Lascianlo stare e non parliamo a voto;
che cosi e a lui ciascun linguaggio
come 'l suo ad altrui, ch'a nullo e noto>>.
Facemmo adunque piu lungo viaggio,
volti a sinistra; e al trar d'un balestro
trovammo l'altro assai piu fero e maggio.
A cigner lui qual che fosse 'l maestro,
non so io dir, ma el tenea soccinto
dinanzi l'altro e dietro il braccio destro
d'una catena che 'l tenea avvinto
dal collo in giu, si che 'n su lo scoperto
si ravvolgea infino al giro quinto.
<<Questo superbo volle esser esperto
di sua potenza contra 'l sommo Giove>>,
disse 'l mio duca, <<ond' elli ha cotal merto.
Fialte ha nome, e fece le gran prove
quando i giganti fer paura a' dei;
le braccia ch'el meno, gia mai non move>>.
E io a lui: <<S'esser puote, io vorrei
che de lo smisurato Briareo
esperienza avesser li occhi mei>>.