Sovra le spalle, dietro da la coppa,
con l'ali aperte li giacea un draco;
e quello affuoca qualunque s'intoppa.
con l'ali aperte li giacea un draco;
e quello affuoca qualunque s'intoppa.
Dante - La Divina Commedia
Io non posso negar quel che tu chiedi;
in giu son messo tanto perch' io fui
ladro a la sagrestia d'i belli arredi,
e falsamente gia fu apposto altrui.
Ma perche di tal vista tu non godi,
se mai sarai di fuor da' luoghi bui,
apri li orecchi al mio annunzio, e odi.
Pistoia in pria d'i Neri si dimagra;
poi Fiorenza rinova gente e modi.
Tragge Marte vapor di Val di Magra
ch'e di torbidi nuvoli involuto;
e con tempesta impetuosa e agra
sovra Campo Picen fia combattuto;
ond' ei repente spezzera la nebbia,
si ch'ogne Bianco ne sara feruto.
E detto l'ho perche doler ti debbia! >>.
Inferno ? Canto XXV
Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzo con amendue le fiche,
gridando: <<Togli, Dio, ch'a te le squadro! >>.
Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,
perch' una li s'avvolse allora al collo,
come dicesse 'Non vo' che piu diche';
e un'altra a le braccia, e rilegollo,
ribadendo se stessa si dinanzi,
che non potea con esse dare un crollo.
Ahi Pistoia, Pistoia, che non stanzi
d'incenerarti si che piu non duri,
poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?
Per tutt' i cerchi de lo 'nferno scuri
non vidi spirto in Dio tanto superbo,
non quel che cadde a Tebe giu da' muri.
El si fuggi che non parlo piu verbo;
e io vidi un centauro pien di rabbia
venir chiamando: <<Ov' e, ov' e l'acerbo? >>.
Maremma non cred' io che tante n'abbia,
quante bisce elli avea su per la groppa
infin ove comincia nostra labbia.
Sovra le spalle, dietro da la coppa,
con l'ali aperte li giacea un draco;
e quello affuoca qualunque s'intoppa.
Lo mio maestro disse: <<Questi e Caco,
che, sotto 'l sasso di monte Aventino,
di sangue fece spesse volte laco.
Non va co' suoi fratei per un cammino,
per lo furto che frodolente fece
del grande armento ch'elli ebbe a vicino;
onde cessar le sue opere biece
sotto la mazza d'Ercule, che forse
gliene die cento, e non senti le diece>>.
Mentre che si parlava, ed el trascorse,
e tre spiriti venner sotto noi,
de' quai ne io ne 'l duca mio s'accorse,
se non quando gridar: <<Chi siete voi? >>;
per che nostra novella si ristette,
e intendemmo pur ad essi poi.
Io non li conoscea; ma ei seguette,
come suol seguitar per alcun caso,
che l'un nomar un altro convenette,
dicendo: <<Cianfa dove fia rimaso? >>;
per ch'io, accio che 'l duca stesse attento,
mi puosi 'l dito su dal mento al naso.
Se tu se' or, lettore, a creder lento
cio ch'io diro, non sara maraviglia,
che io che 'l vidi, a pena il mi consento.
Com' io tenea levate in lor le ciglia,
e un serpente con sei pie si lancia
dinanzi a l'uno, e tutto a lui s'appiglia.
Co' pie di mezzo li avvinse la pancia
e con li anterior le braccia prese;
poi li addento e l'una e l'altra guancia;
li diretani a le cosce distese,
e miseli la coda tra 'mbedue
e dietro per le ren su la ritese.
Ellera abbarbicata mai non fue
ad alber si, come l'orribil fiera
per l'altrui membra avviticchio le sue.
Poi s'appiccar, come di calda cera
fossero stati, e mischiar lor colore,
ne l'un ne l'altro gia parea quel ch'era:
come procede innanzi da l'ardore,
per lo papiro suso, un color bruno
che non e nero ancora e 'l bianco more.
Li altri due 'l riguardavano, e ciascuno
gridava: <<Ome, Agnel, come ti muti!
Vedi che gia non se' ne due ne uno>>.
Gia eran li due capi un divenuti,
quando n'apparver due figure miste
in una faccia, ov' eran due perduti.
Fersi le braccia due di quattro liste;
le cosce con le gambe e 'l ventre e 'l casso
divenner membra che non fuor mai viste.