E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo 'l viso giu tra esse basso.
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo 'l viso giu tra esse basso.
Dante - La Divina Commedia
Si mi spronaron le parole sue,
ch'i' mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che 'l cinghio sotto i pie mi fue.
A seder ci ponemmo ivi ambedui
volti a levante ond' eravam saliti,
che suole a riguardar giovare altrui.
Li occhi prima drizzai ai bassi liti;
poscia li alzai al sole, e ammirava
che da sinistra n'eravam feriti.
Ben s'avvide il poeta ch'io stava
stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava.
Ond' elli a me: <<Se Castore e Poluce
fossero in compagnia di quello specchio
che su e giu del suo lume conduce,
tu vedresti il Zodiaco rubecchio
ancora a l'Orse piu stretto rotare,
se non uscisse fuor del cammin vecchio.
Come cio sia, se 'l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Sion
con questo monte in su la terra stare
si, ch'amendue hanno un solo orizzon
e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Feton,
vedrai come a costui convien che vada
da l'un, quando a colui da l'altro fianco,
se lo 'ntelletto tuo ben chiaro bada>>.
<<Certo, maestro mio,>> diss' io, <<unquanco
non vid' io chiaro si com' io discerno
la dove mio ingegno parea manco,
che 'l mezzo cerchio del moto superno,
che si chiama Equatore in alcun' arte,
e che sempre riman tra 'l sole e 'l verno,
per la ragion che di', quinci si parte
verso settentrion, quanto li Ebrei
vedevan lui verso la calda parte.
Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; che 'l poggio sale
piu che salir non posson li occhi miei>>.
Ed elli a me: <<Questa montagna e tale,
che sempre al cominciar di sotto e grave;
e quant' om piu va su, e men fa male.
Pero, quand' ella ti parra soave
tanto, che su andar ti fia leggero
com' a seconda giu andar per nave,
allor sarai al fin d'esto sentiero;
quivi di riposar l'affanno aspetta.
Piu non rispondo, e questo so per vero>>.
E com' elli ebbe sua parola detta,
una voce di presso sono: <<Forse
che di sedere in pria avrai distretta! >>.
Al suon di lei ciascun di noi si torse,
e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual ne io ne ei prima s'accorse.
La ci traemmo; e ivi eran persone
che si stavano a l'ombra dietro al sasso
come l'uom per negghienza a star si pone.
E un di lor, che mi sembiava lasso,
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo 'l viso giu tra esse basso.
<<O dolce segnor mio>>, diss' io, <<adocchia
colui che mostra se piu negligente
che se pigrizia fosse sua serocchia>>.
Allor si volse a noi e puose mente,
movendo 'l viso pur su per la coscia,
e disse: <<Or va tu su, che se' valente! >>.
Conobbi allor chi era, e quella angoscia
che m'avacciava un poco ancor la lena,
non m'impedi l'andare a lui; e poscia
ch'a lui fu' giunto, alzo la testa a pena,
dicendo: <<Hai ben veduto come 'l sole
da l'omero sinistro il carro mena? >>.
Li atti suoi pigri e le corte parole
mosser le labbra mie un poco a riso;
poi cominciai: <<Belacqua, a me non dole
di te omai; ma dimmi: perche assiso
quiritto se'? attendi tu iscorta,
o pur lo modo usato t'ha' ripriso? >>.
Ed elli: <<O frate, andar in su che porta?
che non mi lascerebbe ire a' martiri
l'angel di Dio che siede in su la porta.
Prima convien che tanto il ciel m'aggiri
di fuor da essa, quanto fece in vita,
per ch'io 'ndugiai al fine i buon sospiri,
se orazione in prima non m'aita
che surga su di cuor che in grazia viva;
l'altra che val, che 'n ciel non e udita? >>.
E gia il poeta innanzi mi saliva,
e dicea: <<Vienne omai; vedi ch'e tocco
meridian dal sole e a la riva
cuopre la notte gia col pie Morrocco>>.
Purgatorio ? Canto V
Io era gia da quell' ombre partito,
e seguitava l'orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando 'l dito,
una grido: <<Ve' che non par che luca
lo raggio da sinistra a quel di sotto,
e come vivo par che si conduca!