chi m'avria tratto su per la
montagna?
Dante - La Divina Commedia
<<Casella mio, per tornar altra volta
la dov' io son, fo io questo viaggio>>,
diss' io; <<ma a te com' e tanta ora tolta? >>.
Ed elli a me: <<Nessun m'e fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
piu volte m'ha negato esto passaggio;
che di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
chi ha voluto intrar, con tutta pace.
Ond' io, ch'era ora a la marina volto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l'ala,
pero che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala>>.
E io: <<Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di cio ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, e affannata tanto! >>.
'Amor che ne la mente mi ragiona'
comincio elli allor si dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan si contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: <<Che e cio, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare e questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto>>.
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,
se cosa appare ond' elli abbian paura,
subitamente lasciano star l'esca,
perch' assaliti son da maggior cura;
cosi vid' io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,
com' om che va, ne sa dove riesca;
ne la nostra partita fu men tosta.
Purgatorio ? Canto III
Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
rivolti al monte ove ragion ne fruga,
i' mi ristrinsi a la fida compagna:
e come sare' io sanza lui corso?
chi m'avria tratto su per la montagna?
El mi parea da se stesso rimorso:
o dignitosa coscienza e netta,
come t'e picciol fallo amaro morso!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l'onestade ad ogn' atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta,
lo 'ntento rallargo, si come vaga,
e diedi 'l viso mio incontr' al poggio
che 'nverso 'l ciel piu alto si dislaga.
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m'era dinanzi a la figura,
ch'avea in me de' suoi raggi l'appoggio.
Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbandonato, quand' io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura;
e 'l mio conforto: <<Perche pur diffidi? >>,
a dir mi comincio tutto rivolto;
<<non credi tu me teco e ch'io ti guidi?
Vespero e gia cola dov' e sepolto
lo corpo dentro al quale io facea ombra;
Napoli l'ha, e da Brandizio e tolto.
Ora, se innanzi a me nulla s'aombra,
non ti maravigliar piu che d'i cieli
che l'uno a l'altro raggio non ingombra.
A sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtu dispone
che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli.
Matto e chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;
che, se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;
e disiar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch'etternalmente e dato lor per lutto:
io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt' altri>>; e qui chino la fronte,
e piu non disse, e rimase turbato.
Noi divenimmo intanto a pie del monte;
quivi trovammo la roccia si erta,
che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.
Tra Lerice e Turbia la piu diserta,
la piu rotta ruina e una scala,
verso di quella, agevole e aperta.
<<Or chi sa da qual man la costa cala>>,
disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
<<si che possa salir chi va sanz' ala? >>.
E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,
da man sinistra m'appari una gente
d'anime, che movieno i pie ver' noi,
e non pareva, si venian lente.