Si come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che 'l molesti, o forse ancida,
m'andava io per l'aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: <>.
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che 'l molesti, o forse ancida,
m'andava io per l'aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: <
Dante - La Divina Commedia
>>.
E lui vedea chinarsi, per la morte
che l'aggravava gia, inver' la terra,
ma de li occhi facea sempre al ciel porte,
orando a l'alto Sire, in tanta guerra,
che perdonasse a' suoi persecutori,
con quello aspetto che pieta diserra.
Quando l'anima mia torno di fori
a le cose che son fuor di lei vere,
io riconobbi i miei non falsi errori.
Lo duca mio, che mi potea vedere
far si com' om che dal sonno si slega,
disse: <<Che hai che non ti puoi tenere,
ma se' venuto piu che mezza lega
velando li occhi e con le gambe avvolte,
a guisa di cui vino o sonno piega? >>.
<<O dolce padre mio, se tu m'ascolte,
io ti diro>>, diss' io, <<cio che m'apparve
quando le gambe mi furon si tolte>>.
Ed ei: <<Se tu avessi cento larve
sovra la faccia, non mi sarian chiuse
le tue cogitazion, quantunque parve.
Cio che vedesti fu perche non scuse
d'aprir lo core a l'acque de la pace
che da l'etterno fonte son diffuse.
Non dimandai "Che hai? " per quel che face
chi guarda pur con l'occhio che non vede,
quando disanimato il corpo giace;
ma dimandai per darti forza al piede:
cosi frugar conviensi i pigri, lenti
ad usar lor vigilia quando riede>>.
Noi andavam per lo vespero, attenti
oltre quanto potean li occhi allungarsi
contra i raggi serotini e lucenti.
Ed ecco a poco a poco un fummo farsi
verso di noi come la notte oscuro;
ne da quello era loco da cansarsi.
Questo ne tolse li occhi e l'aere puro.
Purgatorio ? Canto XVI
Buio d'inferno e di notte privata
d'ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant' esser puo di nuvol tenebrata,
non fece al viso mio si grosso velo
come quel fummo ch'ivi ci coperse,
ne a sentir di cosi aspro pelo,
che l'occhio stare aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s'accosto e l'omero m'offerse.
Si come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che 'l molesti, o forse ancida,
m'andava io per l'aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: <>.
Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
l'Agnel di Dio che le peccata leva.
Pur 'Agnus Dei' eran le loro essordia;
una parola in tutte era e un modo,
si che parea tra esse ogne concordia.
<<Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo? >>,
diss' io. Ed elli a me: <<Tu vero apprendi,
e d'iracundia van solvendo il nodo>>.
<<Or tu chi se' che 'l nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi? >>.
Cosi per una voce detto fue;
onde 'l maestro mio disse: <<Rispondi,
e domanda se quinci si va sue>>.
E io: <<O creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi>>.
<<Io ti seguitero quanto mi lece>>,
rispuose; <<e se veder fummo non lascia,
l'udir ci terra giunti in quella vece>>.
Allora incominciai: <<Con quella fascia
che la morte dissolve men vo suso,
e venni qui per l'infernale ambascia.
E se Dio m'ha in sua grazia rinchiuso,
tanto che vuol ch'i' veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso,
non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte>>.
<<Lombardo fui, e fu' chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l'arco.
Per montar su dirittamente vai>>.
Cosi rispuose, e soggiunse: <<I' ti prego
che per me prieghi quando su sarai>>.
E lui vedea chinarsi, per la morte
che l'aggravava gia, inver' la terra,
ma de li occhi facea sempre al ciel porte,
orando a l'alto Sire, in tanta guerra,
che perdonasse a' suoi persecutori,
con quello aspetto che pieta diserra.
Quando l'anima mia torno di fori
a le cose che son fuor di lei vere,
io riconobbi i miei non falsi errori.
Lo duca mio, che mi potea vedere
far si com' om che dal sonno si slega,
disse: <<Che hai che non ti puoi tenere,
ma se' venuto piu che mezza lega
velando li occhi e con le gambe avvolte,
a guisa di cui vino o sonno piega? >>.
<<O dolce padre mio, se tu m'ascolte,
io ti diro>>, diss' io, <<cio che m'apparve
quando le gambe mi furon si tolte>>.
Ed ei: <<Se tu avessi cento larve
sovra la faccia, non mi sarian chiuse
le tue cogitazion, quantunque parve.
Cio che vedesti fu perche non scuse
d'aprir lo core a l'acque de la pace
che da l'etterno fonte son diffuse.
Non dimandai "Che hai? " per quel che face
chi guarda pur con l'occhio che non vede,
quando disanimato il corpo giace;
ma dimandai per darti forza al piede:
cosi frugar conviensi i pigri, lenti
ad usar lor vigilia quando riede>>.
Noi andavam per lo vespero, attenti
oltre quanto potean li occhi allungarsi
contra i raggi serotini e lucenti.
Ed ecco a poco a poco un fummo farsi
verso di noi come la notte oscuro;
ne da quello era loco da cansarsi.
Questo ne tolse li occhi e l'aere puro.
Purgatorio ? Canto XVI
Buio d'inferno e di notte privata
d'ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant' esser puo di nuvol tenebrata,
non fece al viso mio si grosso velo
come quel fummo ch'ivi ci coperse,
ne a sentir di cosi aspro pelo,
che l'occhio stare aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s'accosto e l'omero m'offerse.
Si come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che 'l molesti, o forse ancida,
m'andava io per l'aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: <
Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
l'Agnel di Dio che le peccata leva.
Pur 'Agnus Dei' eran le loro essordia;
una parola in tutte era e un modo,
si che parea tra esse ogne concordia.
<<Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo? >>,
diss' io. Ed elli a me: <<Tu vero apprendi,
e d'iracundia van solvendo il nodo>>.
<<Or tu chi se' che 'l nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi? >>.
Cosi per una voce detto fue;
onde 'l maestro mio disse: <<Rispondi,
e domanda se quinci si va sue>>.
E io: <<O creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi>>.
<<Io ti seguitero quanto mi lece>>,
rispuose; <<e se veder fummo non lascia,
l'udir ci terra giunti in quella vece>>.
Allora incominciai: <<Con quella fascia
che la morte dissolve men vo suso,
e venni qui per l'infernale ambascia.
E se Dio m'ha in sua grazia rinchiuso,
tanto che vuol ch'i' veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso,
non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte>>.
<<Lombardo fui, e fu' chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l'arco.
Per montar su dirittamente vai>>.
Cosi rispuose, e soggiunse: <<I' ti prego
che per me prieghi quando su sarai>>.