E come suono al collo de la cetra
prende sua forma, e si com' al pertugio
de la sampogna vento che penetra,
cosi, rimosso d'aspettare indugio,
quel mormorar de l'aguglia salissi
su per lo collo, come fosse bugio.
prende sua forma, e si com' al pertugio
de la sampogna vento che penetra,
cosi, rimosso d'aspettare indugio,
quel mormorar de l'aguglia salissi
su per lo collo, come fosse bugio.
Dante - La Divina Commedia
Li si vedra, tra l'opere d'Alberto,
quella che tosto movera la penna,
per che 'l regno di Praga fia diserto.
Li si vedra il duol che sovra Senna
induce, falseggiando la moneta,
quel che morra di colpo di cotenna.
Li si vedra la superbia ch'asseta,
che fa lo Scotto e l'Inghilese folle,
si che non puo soffrir dentro a sua meta.
Vedrassi la lussuria e 'l viver molle
di quel di Spagna e di quel di Boemme,
che mai valor non conobbe ne volle.
Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme
segnata con un i la sua bontate,
quando 'l contrario segnera un emme.
Vedrassi l'avarizia e la viltate
di quei che guarda l'isola del foco,
ove Anchise fini la lunga etate;
e a dare ad intender quanto e poco,
la sua scrittura fian lettere mozze,
che noteranno molto in parvo loco.
E parranno a ciascun l'opere sozze
del barba e del fratel, che tanto egregia
nazione e due corone han fatte bozze.
E quel di Portogallo e di Norvegia
li si conosceranno, e quel di Rascia
che male ha visto il conio di Vinegia.
Oh beata Ungheria, se non si lascia
piu malmenare! e beata Navarra,
se s'armasse del monte che la fascia!
E creder de' ciascun che gia, per arra
di questo, Niccosia e Famagosta
per la lor bestia si lamenti e garra,
che dal fianco de l'altre non si scosta>>.
Paradiso ? Canto XX
Quando colui che tutto 'l mondo alluma
de l'emisperio nostro si discende,
che 'l giorno d'ogne parte si consuma,
lo ciel, che sol di lui prima s'accende,
subitamente si rifa parvente
per molte luci, in che una risplende;
e questo atto del ciel mi venne a mente,
come 'l segno del mondo e de' suoi duci
nel benedetto rostro fu tacente;
pero che tutte quelle vive luci,
vie piu lucendo, cominciaron canti
da mia memoria labili e caduci.
O dolce amor che di riso t'ammanti,
quanto parevi ardente in que' flailli,
ch'avieno spirto sol di pensier santi!
Poscia che i cari e lucidi lapilli
ond' io vidi ingemmato il sesto lume
puoser silenzio a li angelici squilli,
udir mi parve un mormorar di fiume
che scende chiaro giu di pietra in pietra,
mostrando l'uberta del suo cacume.
E come suono al collo de la cetra
prende sua forma, e si com' al pertugio
de la sampogna vento che penetra,
cosi, rimosso d'aspettare indugio,
quel mormorar de l'aguglia salissi
su per lo collo, come fosse bugio.
Fecesi voce quivi, e quindi uscissi
per lo suo becco in forma di parole,
quali aspettava il core ov' io le scrissi.
<<La parte in me che vede e pate il sole
ne l'aguglie mortali>>, incominciommi,
<<or fisamente riguardar si vole,
perche d'i fuochi ond' io figura fommi,
quelli onde l'occhio in testa mi scintilla,
e' di tutti lor gradi son li sommi.
Colui che luce in mezzo per pupilla,
fu il cantor de lo Spirito Santo,
che l'arca traslato di villa in villa:
ora conosce il merto del suo canto,
in quanto effetto fu del suo consiglio,
per lo remunerar ch'e altrettanto.
Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,
colui che piu al becco mi s'accosta,
la vedovella consolo del figlio:
ora conosce quanto caro costa
non seguir Cristo, per l'esperienza
di questa dolce vita e de l'opposta.
E quel che segue in la circunferenza
di che ragiono, per l'arco superno,
morte indugio per vera penitenza:
ora conosce che 'l giudicio etterno
non si trasmuta, quando degno preco
fa crastino la giu de l'odierno.
L'altro che segue, con le leggi e meco,
sotto buona intenzion che fe mal frutto,
per cedere al pastor si fece greco:
ora conosce come il mal dedutto
dal suo bene operar non li e nocivo,
avvegna che sia 'l mondo indi distrutto.
E quel che vedi ne l'arco declivo,
Guiglielmo fu, cui quella terra plora
che piagne Carlo e Federigo vivo:
ora conosce come s'innamora
lo ciel del giusto rege, e al sembiante
del suo fulgore il fa vedere ancora.
Chi crederebbe giu nel mondo errante
che Rifeo Troiano in questo tondo
fosse la quinta de le luci sante?
Ora conosce assai di quel che 'l mondo
veder non puo de la divina grazia,
ben che sua vista non discerna il fondo>>.
Quale allodetta che 'n aere si spazia
prima cantando, e poi tace contenta
de l'ultima dolcezza che la sazia,
tal mi sembio l'imago de la 'mprenta
de l'etterno piacere, al cui disio
ciascuna cosa qual ell' e diventa.
E avvegna ch'io fossi al dubbiar mio
li quasi vetro a lo color ch'el veste,
tempo aspettar tacendo non patio,
ma de la bocca, <<Che cose son queste? >>,
mi pinse con la forza del suo peso:
per ch'io di coruscar vidi gran feste.
Poi appresso, con l'occhio piu acceso,
lo benedetto segno mi rispuose
per non tenermi in ammirar sospeso:
<<Io veggio che tu credi queste cose
perch' io le dico, ma non vedi come;
si che, se son credute, sono ascose.
Fai come quei che la cosa per nome
apprende ben, ma la sua quiditate
veder non puo se altri non la prome.
Regnum celorum violenza pate
da caldo amore e da viva speranza,
che vince la divina volontate:
non a guisa che l'omo a l'om sobranza,
ma vince lei perche vuole esser vinta,
e, vinta, vince con sua beninanza.