E io: <
memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di cio ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, e affannata tanto!
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di cio ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, e affannata tanto!
Dante - La Divina Commedia
Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu si aspra e forte,
che lo salire omai ne parra gioco>>.
L'anime, che si fuor di me accorte,
per lo spirare, ch'i' era ancor vivo,
maravigliando diventaro smorte.
E come a messagger che porta ulivo
tragge la gente per udir novelle,
e di calcar nessun si mostra schivo,
cosi al viso mio s'affisar quelle
anime fortunate tutte quante,
quasi obliando d'ire a farsi belle.
Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi con si grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante.
Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l'ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.
Rispuosemi: <<Cosi com' io t'amai
nel mortal corpo, cosi t'amo sciolta:
pero m'arresto; ma tu perche vai? >>.
<<Casella mio, per tornar altra volta
la dov' io son, fo io questo viaggio>>,
diss' io; <<ma a te com' e tanta ora tolta? >>.
Ed elli a me: <<Nessun m'e fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
piu volte m'ha negato esto passaggio;
che di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
chi ha voluto intrar, con tutta pace.
Ond' io, ch'era ora a la marina volto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l'ala,
pero che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala>>.
E io: <
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di cio ti piaccia consolare alquanto
l'anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, e affannata tanto! >>.
'Amor che ne la mente mi ragiona'
comincio elli allor si dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con lui parevan si contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: <<Che e cio, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare e questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto>>.
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l'usato orgoglio,
se cosa appare ond' elli abbian paura,
subitamente lasciano star l'esca,
perch' assaliti son da maggior cura;
cosi vid' io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa,
com' om che va, ne sa dove riesca;
ne la nostra partita fu men tosta.
Purgatorio ? Canto III
Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
rivolti al monte ove ragion ne fruga,
i' mi ristrinsi a la fida compagna:
e come sare' io sanza lui corso?
chi m'avria tratto su per la montagna?
El mi parea da se stesso rimorso:
o dignitosa coscienza e netta,
come t'e picciol fallo amaro morso!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l'onestade ad ogn' atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta,
lo 'ntento rallargo, si come vaga,
e diedi 'l viso mio incontr' al poggio
che 'nverso 'l ciel piu alto si dislaga.
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m'era dinanzi a la figura,
ch'avea in me de' suoi raggi l'appoggio.
Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbandonato, quand' io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura;
e 'l mio conforto: <<Perche pur diffidi? >>,
a dir mi comincio tutto rivolto;
<<non credi tu me teco e ch'io ti guidi?