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che non li e
vendicata
ancor>>, diss' io,
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fece lui disdegnoso; ond' el sen gio
sanza parlarmi, si com' io estimo:
e in cio m'ha el fatto a se piu pio>>.
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fece lui disdegnoso; ond' el sen gio
sanza parlarmi, si com' io estimo:
e in cio m'ha el fatto a se piu pio>>.
Dante - La Divina Commedia
Io feci il padre e 'l figlio in se ribelli;
Achitofel non fe piu d'Absalone
e di David coi malvagi punzelli.
Perch' io parti' cosi giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso! ,
dal suo principio ch'e in questo troncone.
Cosi s'osserva in me lo contrapasso>>.
Inferno ? Canto XXIX
La molta gente e le diverse piaghe
avean le luci mie si inebriate,
che de lo stare a piangere eran vaghe.
Ma Virgilio mi disse: <<Che pur guate?
perche la vista tua pur si soffolge
la giu tra l'ombre triste smozzicate?
Tu non hai fatto si a l'altre bolge;
pensa, se tu annoverar le credi,
che miglia ventidue la valle volge.
E gia la luna e sotto i nostri piedi;
lo tempo e poco omai che n'e concesso,
e altro e da veder che tu non vedi>>.
<<Se tu avessi>>, rispuos' io appresso,
<<atteso a la cagion per ch'io guardava,
forse m'avresti ancor lo star dimesso>>.
Parte sen giva, e io retro li andava,
lo duca, gia faccendo la risposta,
e soggiugnendo: <<Dentro a quella cava
dov' io tenea or li occhi si a posta,
credo ch'un spirto del mio sangue pianga
la colpa che la giu cotanto costa>>.
Allor disse 'l maestro: <<Non si franga
lo tuo pensier da qui innanzi sovr' ello.
Attendi ad altro, ed ei la si rimanga;
ch'io vidi lui a pie del ponticello
mostrarti e minacciar forte col dito,
e udi' 'l nominar Geri del Bello.
Tu eri allor si del tutto impedito
sovra colui che gia tenne Altaforte,
che non guardasti in la, si fu partito>>.
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fece lui disdegnoso; ond' el sen gio
sanza parlarmi, si com' io estimo:
e in cio m'ha el fatto a se piu pio>>.
Cosi parlammo infino al loco primo
che de lo scoglio l'altra valle mostra,
se piu lume vi fosse, tutto ad imo.
Quando noi fummo sor l'ultima chiostra
di Malebolge, si che i suoi conversi
potean parere a la veduta nostra,
lamenti saettaron me diversi,
che di pieta ferrati avean li strali;
ond' io li orecchi con le man copersi.
Qual dolor fora, se de li spedali
di Valdichiana tra 'l luglio e 'l settembre
e di Maremma e di Sardigna i mali
fossero in una fossa tutti 'nsembre,
tal era quivi, e tal puzzo n'usciva
qual suol venir de le marcite membre.
Noi discendemmo in su l'ultima riva
del lungo scoglio, pur da man sinistra;
e allor fu la mia vista piu viva
giu ver' lo fondo, la 've la ministra
de l'alto Sire infallibil giustizia
punisce i falsador che qui registra.
Non credo ch'a veder maggior tristizia
fosse in Egina il popol tutto infermo,
quando fu l'aere si pien di malizia,
che li animali, infino al picciol vermo,
cascaron tutti, e poi le genti antiche,
secondo che i poeti hanno per fermo,
si ristorar di seme di formiche;
ch'era a veder per quella oscura valle
languir li spirti per diverse biche.
Qual sovra 'l ventre e qual sovra le spalle
l'un de l'altro giacea, e qual carpone
si trasmutava per lo tristo calle.
Passo passo andavam sanza sermone,
guardando e ascoltando li ammalati,
che non potean levar le lor persone.
Io vidi due sedere a se poggiati,
com' a scaldar si poggia tegghia a tegghia,
dal capo al pie di schianze macolati;
e non vidi gia mai menare stregghia
a ragazzo aspettato dal segnorso,
ne a colui che mal volontier vegghia,
come ciascun menava spesso il morso
de l'unghie sopra se per la gran rabbia
del pizzicor, che non ha piu soccorso;
e si traevan giu l'unghie la scabbia,
come coltel di scardova le scaglie
o d'altro pesce che piu larghe l'abbia.
<<O tu che con le dita ti dismaglie>>,
comincio 'l duca mio a l'un di loro,
<<e che fai d'esse talvolta tanaglie,
dinne s'alcun Latino e tra costoro
che son quinc' entro, se l'unghia ti basti
etternalmente a cotesto lavoro>>.
<<Latin siam noi, che tu vedi si guasti
qui ambedue>>, rispuose l'un piangendo;
<<ma tu chi se' che di noi dimandasti? >>.
E 'l duca disse: <<I' son un che discendo
con questo vivo giu di balzo in balzo,
e di mostrar lo 'nferno a lui intendo>>.
Allor si ruppe lo comun rincalzo;
e tremando ciascuno a me si volse
con altri che l'udiron di rimbalzo.
Lo buon maestro a me tutto s'accolse,
dicendo: <<Di a lor cio che tu vuoli>>;
e io incominciai, poscia ch'ei volse:
<<Se la vostra memoria non s'imboli
nel primo mondo da l'umane menti,
ma s'ella viva sotto molti soli,
ditemi chi voi siete e di che genti;
la vostra sconcia e fastidiosa pena
di palesarvi a me non vi spaventi>>.
<<Io fui d'Arezzo, e Albero da Siena>>,
rispuose l'un, <<mi fe mettere al foco;
ma quel per ch'io mori' qui non mi mena.