Quivi mori; e come tu mi vedi,
vid' io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto di e 'l sesto; ond' io mi diedi,
gia cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due di li chiamai, poi che fur morti.
vid' io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto di e 'l sesto; ond' io mi diedi,
gia cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due di li chiamai, poi che fur morti.
Dante - La Divina Commedia
Breve pertugio dentro da la Muda,
la qual per me ha 'l titol de la fame,
e che conviene ancor ch'altrui si chiuda,
m'avea mostrato per lo suo forame
piu lune gia, quand' io feci 'l mal sonno
che del futuro mi squarcio 'l velame.
Questi pareva a me maestro e donno,
cacciando il lupo e ' lupicini al monte
per che i Pisan veder Lucca non ponno.
Con cagne magre, studiose e conte
Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi
s'avea messi dinanzi da la fronte.
In picciol corso mi parieno stanchi
lo padre e ' figli, e con l'agute scane
mi parea lor veder fender li fianchi.
Quando fui desto innanzi la dimane,
pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli
ch'eran con meco, e dimandar del pane.
Ben se' crudel, se tu gia non ti duoli
pensando cio che 'l mio cor s'annunziava;
e se non piangi, di che pianger suoli?
Gia eran desti, e l'ora s'appressava
che 'l cibo ne solea essere addotto,
e per suo sogno ciascun dubitava;
e io senti' chiavar l'uscio di sotto
a l'orribile torre; ond' io guardai
nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.
Io non piangea, si dentro impetrai:
piangevan elli; e Anselmuccio mio
disse: "Tu guardi si, padre! che hai? ".
Percio non lagrimai ne rispuos' io
tutto quel giorno ne la notte appresso,
infin che l'altro sol nel mondo uscio.
Come un poco di raggio si fu messo
nel doloroso carcere, e io scorsi
per quattro visi il mio aspetto stesso,
ambo le man per lo dolor mi morsi;
ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia
di manicar, di subito levorsi
e disser: "Padre, assai ci fia men doglia
se tu mangi di noi: tu ne vestisti
queste misere carni, e tu le spoglia".
Queta'mi allor per non farli piu tristi;
lo di e l'altro stemmo tutti muti;
ahi dura terra, perche non t'apristi?
Poscia che fummo al quarto di venuti,
Gaddo mi si gitto disteso a' piedi,
dicendo: "Padre mio, che non m'aiuti? ".
Quivi mori; e come tu mi vedi,
vid' io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto di e 'l sesto; ond' io mi diedi,
gia cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due di li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, piu che 'l dolor, pote 'l digiuno>>.
Quand' ebbe detto cio, con li occhi torti
riprese 'l teschio misero co' denti,
che furo a l'osso, come d'un can, forti.
Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese la dove 'l si suona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
si ch'elli annieghi in te ogne persona!
Che se 'l conte Ugolino aveva voce
d'aver tradita te de le castella,
non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
Innocenti facea l'eta novella,
novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata
e li altri due che 'l canto suso appella.
Noi passammo oltre, la 've la gelata
ruvidamente un'altra gente fascia,
non volta in giu, ma tutta riversata.
Lo pianto stesso li pianger non lascia,
e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo,
si volge in entro a far crescer l'ambascia;
che le lagrime prime fanno groppo,
e si come visiere di cristallo,
riempion sotto 'l ciglio tutto il coppo.
E avvegna che, si come d'un callo,
per la freddura ciascun sentimento
cessato avesse del mio viso stallo,
gia mi parea sentire alquanto vento;
per ch'io: <<Maestro mio, questo chi move?
non e qua giu ogne vapore spento? >>.
Ond' elli a me: <<Avaccio sarai dove
di cio ti fara l'occhio la risposta,
veggendo la cagion che 'l fiato piove>>.
E un de' tristi de la fredda crosta
grido a noi: <<O anime crudeli
tanto che data v'e l'ultima posta,
levatemi dal viso i duri veli,
si ch'io sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna,
un poco, pria che 'l pianto si raggeli>>.
Per ch'io a lui: <<Se vuo' ch'i' ti sovvegna,
dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo,
al fondo de la ghiaccia ir mi convegna>>.
Rispuose adunque: <<I' son frate Alberigo;
i' son quel da le frutta del mal orto,
che qui riprendo dattero per figo>>.
<<Oh>>, diss' io lui, <<or se' tu ancor morto?