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uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?
che sempre nera fa la valle inferna?
Dante - La Divina Commedia
Luogo e la giu da Belzebu remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono e noto
d'un ruscelletto che quivi discende
per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso,
col corso ch'elli avvolge, e poco pende.
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,
salimmo su, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
PURGATORIO
Purgatorio ? Canto I
Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a se mar si crudele;
e cantero di quel secondo regno
dove l'umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.
Ma qui la morta poesi resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Caliope alquanto surga,
seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentiro
lo colpo tal, che disperar perdono.
Dolce color d'oriental zaffiro,
che s'accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricomincio diletto,
tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta
che m'avea contristati li occhi e 'l petto.
Lo bel pianeto che d'amar conforta
faceva tutto rider l'oriente,
velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
I' mi volsi a man destra, e puosi mente
a l'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'a la prima gente.
Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle:
oh settentrional vedovo sito,
poi che privato se' di mirar quelle!
Com' io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo a l 'altro polo,
la onde 'l Carro gia era sparito,
vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che piu non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, a' suoi capelli simigliante,
de' quai cadeva al petto doppia lista.
Li raggi de le quattro luci sante
fregiavan si la sua faccia di lume,
ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante.
<<Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la pregione etterna? >>,
diss' el, movendo quelle oneste piume.
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che sempre nera fa la valle inferna?
Son le leggi d'abisso cosi rotte?
o e mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite a le mie grotte? >>.
Lo duca mio allor mi die di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fe le gambe e 'l ciglio.
Poscia rispuose lui: <<Da me non venni:
donna scese del ciel, per li cui prieghi
de la mia compagnia costui sovvenni.
Ma da ch'e tuo voler che piu si spieghi
di nostra condizion com' ell' e vera,
esser non puote il mio che a te si nieghi.
Questi non vide mai l'ultima sera;
ma per la sua follia le fu si presso,
che molto poco tempo a volger era.
Si com' io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare; e non li era altra via
che questa per la quale i' mi son messo.
Mostrata ho lui tutta la gente ria;
e ora intendo mostrar quelli spirti
che purgan se sotto la tua balia.
Com' io l'ho tratto, saria lungo a dirti;
de l'alto scende virtu che m'aiuta
conducerlo a vederti e a udirti.
Or ti piaccia gradir la sua venuta:
liberta va cercando, ch'e si cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu 'l sai, che non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch'al gran di sara si chiara.
Non son li editti etterni per noi guasti,
che questi vive e Minos me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi casti
di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Lasciane andar per li tuoi sette regni;
grazie riportero di te a lei,
se d'esser mentovato la giu degni>>.
<<Marzia piacque tanto a li occhi miei
mentre ch'i' fu' di la>>, diss' elli allora,
<<che quante grazie volse da me, fei.