Ed elli a me: <preghiera
e degna
di molta loda, e io pero l'accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna.
di molta loda, e io pero l'accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna.
Dante - La Divina Commedia
E se gia fosse, non saria per tempo.
Cosi foss' ei, da che pur esser dee!
che piu mi gravera, com' piu m'attempo.
Noi ci partimmo, e su per le scalee
che n'avea fatto iborni a scender pria,
rimonto 'l duca mio e trasse mee;
e proseguendo la solinga via,
tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
lo pie sanza la man non si spedia.
Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
quando drizzo la mente a cio ch'io vidi,
e piu lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,
perche non corra che virtu nol guidi;
si che, se stella bona o miglior cosa
m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.
Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,
nel tempo che colui che 'l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,
come la mosca cede a la zanzara,
vede lucciole giu per la vallea,
forse cola dov' e' vendemmia e ara:
di tante fiamme tutta risplendea
l'ottava bolgia, si com' io m'accorsi
tosto che fui la 've 'l fondo parea.
E qual colui che si vengio con li orsi
vide 'l carro d'Elia al dipartire,
quando i cavalli al cielo erti levorsi,
che nol potea si con li occhi seguire,
ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
si come nuvoletta, in su salire:
tal si move ciascuna per la gola
del fosso, che nessuna mostra 'l furto,
e ogne fiamma un peccatore invola.
Io stava sovra 'l ponte a veder surto,
si che s'io non avessi un ronchion preso,
caduto sarei giu sanz' esser urto.
E 'l duca che mi vide tanto atteso,
disse: <<Dentro dai fuochi son li spirti;
catun si fascia di quel ch'elli e inceso>>.
<<Maestro mio>>, rispuos' io, <<per udirti
son io piu certo; ma gia m'era avviso
che cosi fosse, e gia voleva dirti:
chi e 'n quel foco che vien si diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov' Eteocle col fratel fu miso? >>.
Rispuose a me: <<La dentro si martira
Ulisse e Diomede, e cosi insieme
a la vendetta vanno come a l'ira;
e dentro da la lor fiamma si geme
l'agguato del caval che fe la porta
onde usci de' Romani il gentil seme.
Piangevisi entro l'arte per che, morta,
Deidamia ancor si duol d'Achille,
e del Palladio pena vi si porta>>.
<<S'ei posson dentro da quelle faville
parlar>>, diss' io, <<maestro, assai ten priego
e ripriego, che 'l priego vaglia mille,
che non mi facci de l'attender niego
fin che la fiamma cornuta qua vegna;
vedi che del disio ver' lei mi piego! >>.
Ed elli a me: <
di molta loda, e io pero l'accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna.
Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto
cio che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,
perch' e' fuor greci, forse del tuo detto>>.
Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlare audivi:
<<O voi che siete due dentro ad un foco,
s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,
s'io meritai di voi assai o poco
quando nel mondo li alti versi scrissi,
non vi movete; ma l'un di voi dica
dove, per lui, perduto a morir gissi>>.
Lo maggior corno de la fiamma antica
comincio a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e la menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gitto voce di fuori e disse: <<Quando
mi diparti' da Circe, che sottrasse
me piu d'un anno la presso a Gaeta,
prima che si Enea la nomasse,
ne dolcezza di figlio, ne la pieta
del vecchio padre, ne 'l debito amore
lo qual dovea Penelope far lieta,
vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna.
Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov' Ercule segno li suoi riguardi
accio che l'uom piu oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra gia m'avea lasciata Setta.
"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d'i nostri sensi ch'e del rimanente
non vogliate negar l'esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
Li miei compagni fec' io si aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de' remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Tutte le stelle gia de l'altro polo
vedea la notte, e 'l nostro tanto basso,
che non surgea fuor del marin suolo.
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,
quando n'apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avea alcuna.
Noi ci allegrammo, e tosto torno in pianto;
che de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fe girar con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giu, com' altrui piacque,
infin che 'l mar fu sovra noi richiuso>>.
Inferno ? Canto XXVII
Gia era dritta in su la fiamma e queta
per non dir piu, e gia da noi sen gia
con la licenza del dolce poeta,
quand' un'altra, che dietro a lei venia,
ne fece volger li occhi a la sua cima
per un confuso suon che fuor n'uscia.
Come 'l bue cicilian che mugghio prima
col pianto di colui, e cio fu dritto,
che l'avea temperato con sua lima,
mugghiava con la voce de l'afflitto,
si che, con tutto che fosse di rame,
pur el pareva dal dolor trafitto;
cosi, per non aver via ne forame
dal principio nel foco, in suo linguaggio
si convertian le parole grame.