Assai
leggeramente
quel salimmo;
e volti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.
e volti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.
Dante - La Divina Commedia
Nel fondo erano ignudi i peccatori;
dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,
di la con noi, ma con passi maggiori,
come i Roman per l'essercito molto,
l'anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
che da l'un lato tutti hanno la fronte
verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
da l'altra sponda vanno verso 'l monte.
Di qua, di la, su per lo sasso tetro
vidi demon cornuti con gran ferze,
che li battien crudelmente di retro.
Ahi come facean lor levar le berze
a le prime percosse! gia nessuno
le seconde aspettava ne le terze.
Mentr' io andava, li occhi miei in uno
furo scontrati; e io si tosto dissi:
<<Gia di veder costui non son digiuno>>.
Per ch'io a figurarlo i piedi affissi;
e 'l dolce duca meco si ristette,
e assentio ch'alquanto in dietro gissi.
E quel frustato celar si credette
bassando 'l viso; ma poco li valse,
ch'io dissi: <<O tu che l'occhio a terra gette,
se le fazion che porti non son false,
Venedico se' tu Caccianemico.
Ma che ti mena a si pungenti salse? >>.
Ed elli a me: <<Mal volontier lo dico;
ma sforzami la tua chiara favella,
che mi fa sovvenir del mondo antico.
I' fui colui che la Ghisolabella
condussi a far la voglia del marchese,
come che suoni la sconcia novella.
E non pur io qui piango bolognese;
anzi n'e questo loco tanto pieno,
che tante lingue non son ora apprese
a dicer 'sipa' tra Savena e Reno;
e se di cio vuoi fede o testimonio,
recati a mente il nostro avaro seno>>.
Cosi parlando il percosse un demonio
de la sua scuriada, e disse: <<Via,
ruffian! qui non son femmine da conio>>.
I' mi raggiunsi con la scorta mia;
poscia con pochi passi divenimmo
la 'v' uno scoglio de la ripa uscia.
Assai leggeramente quel salimmo;
e volti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.
Quando noi fummo la dov' el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
lo duca disse: <<Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest' altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
pero che son con noi insieme andati>>.
Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venia verso noi da l'altra banda,
e che la ferza similmente scaccia.
E 'l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: <<Guarda quel grande che vene,
e per dolor non par lagrime spanda:
quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli e Iason, che per cuore e per senno
li Colchi del monton privati fene.
Ello passo per l'isola di Lenno
poi che l'ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.
Ivi con segni e con parole ornate
Isifile inganno, la giovinetta
che prima avea tutte l'altre ingannate.
Lasciolla quivi, gravida, soletta;
tal colpa a tal martiro lui condanna;
e anche di Medea si fa vendetta.
Con lui sen va chi da tal parte inganna;
e questo basti de la prima valle
sapere e di color che 'n se assanna>>.
Gia eravam la 've lo stretto calle
con l'argine secondo s'incrocicchia,
e fa di quello ad un altr' arco spalle.
Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,
e se medesma con le palme picchia.
Le ripe eran grommate d'una muffa,
per l'alito di giu che vi s'appasta,
che con li occhi e col naso facea zuffa.
Lo fondo e cupo si, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
de l'arco, ove lo scoglio piu sovrasta.
Quivi venimmo; e quindi giu nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
E mentre ch'io la giu con l'occhio cerco,
vidi un col capo si di merda lordo,
che non parea s'era laico o cherco.
Quei mi sgrido: <<Perche se' tu si gordo
di riguardar piu me che li altri brutti?