Oh potenza di Dio, quant' e severa,
che cotai colpi per vendetta croscia!
che cotai colpi per vendetta croscia!
Dante - La Divina Commedia
Piu lunga scala convien che si saglia;
non basta da costoro esser partito.
Se tu mi 'ntendi, or fa si che ti vaglia>>.
Leva'mi allor, mostrandomi fornito
meglio di lena ch'i' non mi sentia,
e dissi: <<Va, ch'i' son forte e ardito>>.
Su per lo scoglio prendemmo la via,
ch'era ronchioso, stretto e malagevole,
ed erto piu assai che quel di pria.
Parlando andava per non parer fievole;
onde una voce usci de l'altro fosso,
a parole formar disconvenevole.
Non so che disse, ancor che sovra 'l dosso
fossi de l'arco gia che varca quivi;
ma chi parlava ad ire parea mosso.
Io era volto in giu, ma li occhi vivi
non poteano ire al fondo per lo scuro;
per ch'io: <<Maestro, fa che tu arrivi
da l'altro cinghio e dismontiam lo muro;
che, com' i' odo quinci e non intendo,
cosi giu veggio e neente affiguro>>.
<<Altra risposta>>, disse, <<non ti rendo
se non lo far; che la dimanda onesta
si de' seguir con l'opera tacendo>>.
Noi discendemmo il ponte da la testa
dove s'aggiugne con l'ottava ripa,
e poi mi fu la bolgia manifesta:
e vidivi entro terribile stipa
di serpenti, e di si diversa mena
che la memoria il sangue ancor mi scipa.
Piu non si vanti Libia con sua rena;
che se chelidri, iaculi e faree
produce, e cencri con anfisibena,
ne tante pestilenzie ne si ree
mostro gia mai con tutta l'Etiopia
ne con cio che di sopra al Mar Rosso ee.
Tra questa cruda e tristissima copia
correan genti nude e spaventate,
sanza sperar pertugio o elitropia:
con serpi le man dietro avean legate;
quelle ficcavan per le ren la coda
e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.
Ed ecco a un ch'era da nostra proda,
s'avvento un serpente che 'l trafisse
la dove 'l collo a le spalle s'annoda.
Ne O si tosto mai ne I si scrisse,
com' el s'accese e arse, e cener tutto
convenne che cascando divenisse;
e poi che fu a terra si distrutto,
la polver si raccolse per se stessa
e 'n quel medesmo ritorno di butto.
Cosi per li gran savi si confessa
che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo anno appressa;
erba ne biado in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lagrime e d'amomo,
e nardo e mirra son l'ultime fasce.
E qual e quel che cade, e non sa como,
per forza di demon ch'a terra il tira,
o d'altra oppilazion che lega l'omo,
quando si leva, che 'ntorno si mira
tutto smarrito de la grande angoscia
ch'elli ha sofferta, e guardando sospira:
tal era 'l peccator levato poscia.
Oh potenza di Dio, quant' e severa,
che cotai colpi per vendetta croscia!
Lo duca il domando poi chi ello era;
per ch'ei rispuose: <<Io piovvi di Toscana,
poco tempo e, in questa gola fiera.
Vita bestial mi piacque e non umana,
si come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana>>.
E io al duca: <<Dilli che non mucci,
e domanda che colpa qua giu 'l pinse;
ch'io 'l vidi uomo di sangue e di crucci>>.
E 'l peccator, che 'ntese, non s'infinse,
ma drizzo verso me l'animo e 'l volto,
e di trista vergogna si dipinse;
poi disse: <<Piu mi duol che tu m'hai colto
ne la miseria dove tu mi vedi,
che quando fui de l'altra vita tolto.
Io non posso negar quel che tu chiedi;
in giu son messo tanto perch' io fui
ladro a la sagrestia d'i belli arredi,
e falsamente gia fu apposto altrui.
Ma perche di tal vista tu non godi,
se mai sarai di fuor da' luoghi bui,
apri li orecchi al mio annunzio, e odi.
Pistoia in pria d'i Neri si dimagra;
poi Fiorenza rinova gente e modi.
Tragge Marte vapor di Val di Magra
ch'e di torbidi nuvoli involuto;
e con tempesta impetuosa e agra
sovra Campo Picen fia combattuto;
ond' ei repente spezzera la nebbia,
si ch'ogne Bianco ne sara feruto.
E detto l'ho perche doler ti debbia! >>.
Inferno ? Canto XXV
Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzo con amendue le fiche,
gridando: <<Togli, Dio, ch'a te le squadro! >>.
Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,
perch' una li s'avvolse allora al collo,
come dicesse 'Non vo' che piu diche';
e un'altra a le braccia, e rilegollo,
ribadendo se stessa si dinanzi,
che non potea con esse dare un crollo.
Ahi Pistoia, Pistoia, che non stanzi
d'incenerarti si che piu non duri,
poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?