Canto XXV
Se mai continga che 'l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
si che m'ha fatto per molti anni macro,
vinca la crudelta che fuor mi serra
del bello ovile ov' io dormi' agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
con altra voce omai, con altro vello
ritornero poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prendero 'l cappello;
pero che ne la fede, che fa conte
l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi
Pietro per lei si mi giro la fronte.
Se mai continga che 'l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
si che m'ha fatto per molti anni macro,
vinca la crudelta che fuor mi serra
del bello ovile ov' io dormi' agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
con altra voce omai, con altro vello
ritornero poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prendero 'l cappello;
pero che ne la fede, che fa conte
l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi
Pietro per lei si mi giro la fronte.
Dante - La Divina Commedia
E io: <<La larga ploia
de lo Spirito Santo, ch'e diffusa
in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia,
e silogismo che la m'ha conchiusa
acutamente si, che 'nverso d'ella
ogne dimostrazion mi pare ottusa>>.
Io udi' poi: <<L'antica e la novella
proposizion che cosi ti conchiude,
perche l'hai tu per divina favella? >>.
E io: <<La prova che 'l ver mi dischiude,
son l'opere seguite, a che natura
non scalda ferro mai ne batte incude>>.
Risposto fummi: <<Di, chi t'assicura
che quell' opere fosser? Quel medesmo
che vuol provarsi, non altri, il ti giura>>.
<<Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo>>,
diss' io, <<sanza miracoli, quest' uno
e tal, che li altri non sono il centesmo:
che tu intrasti povero e digiuno
in campo, a seminar la buona pianta
che fu gia vite e ora e fatta pruno>>.
Finito questo, l'alta corte santa
risono per le spere un 'Dio laudamo'
ne la melode che la su si canta.
E quel baron che si di ramo in ramo,
essaminando, gia tratto m'avea,
che a l'ultime fronde appressavamo,
ricomincio: <<La Grazia, che donnea
con la tua mente, la bocca t'aperse
infino a qui come aprir si dovea,
si ch'io approvo cio che fuori emerse;
ma or convien espremer quel che credi,
e onde a la credenza tua s'offerse>>.
<<O santo padre, e spirito che vedi
cio che credesti si, che tu vincesti
ver' lo sepulcro piu giovani piedi>>,
comincia' io, <<tu vuo' ch'io manifesti
la forma qui del pronto creder mio,
e anche la cagion di lui chiedesti.
E io rispondo: Io credo in uno Dio
solo ed etterno, che tutto 'l ciel move,
non moto, con amore e con disio;
e a tal creder non ho io pur prove
fisice e metafisice, ma dalmi
anche la verita che quinci piove
per Moise, per profeti e per salmi,
per l'Evangelio e per voi che scriveste
poi che l'ardente Spirto vi fe almi;
e credo in tre persone etterne, e queste
credo una essenza si una e si trina,
che soffera congiunto 'sono' ed 'este'.
De la profonda condizion divina
ch'io tocco mo, la mente mi sigilla
piu volte l'evangelica dottrina.
Quest' e 'l principio, quest' e la favilla
che si dilata in fiamma poi vivace,
e come stella in cielo in me scintilla>>.
Come 'l segnor ch'ascolta quel che i piace,
da indi abbraccia il servo, gratulando
per la novella, tosto ch'el si tace;
cosi, benedicendomi cantando,
tre volte cinse me, si com' io tacqui,
l'appostolico lume al cui comando
io avea detto: si nel dir li piacqui!
Paradiso ?
Canto XXV
Se mai continga che 'l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
si che m'ha fatto per molti anni macro,
vinca la crudelta che fuor mi serra
del bello ovile ov' io dormi' agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
con altra voce omai, con altro vello
ritornero poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prendero 'l cappello;
pero che ne la fede, che fa conte
l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi
Pietro per lei si mi giro la fronte.
Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond' usci la primizia
che lascio Cristo d'i vicari suoi;
e la mia donna, piena di letizia,
mi disse: <<Mira, mira: ecco il barone
per cui la giu si vicita Galizia>>.
Si come quando il colombo si pone
presso al compagno, l'uno a l'altro pande,
girando e mormorando, l'affezione;
cosi vid' io l'un da l'altro grande
principe glorioso essere accolto,
laudando il cibo che la su li prande.
Ma poi che 'l gratular si fu assolto,
tacito coram me ciascun s'affisse,
ignito si che vincea 'l mio volto.
Ridendo allora Beatrice disse:
<<Inclita vita per cui la larghezza
de la nostra basilica si scrisse,
fa risonar la spene in questa altezza:
tu sai, che tante fiate la figuri,
quante Iesu ai tre fe piu carezza>>.
<<Leva la testa e fa che t'assicuri:
che cio che vien qua su del mortal mondo,
convien ch'ai nostri raggi si maturi>>.
Questo conforto del foco secondo
mi venne; ond' io levai li occhi a' monti
che li 'ncurvaron pria col troppo pondo.
<<Poi che per grazia vuol che tu t'affronti
lo nostro Imperadore, anzi la morte,
ne l'aula piu secreta co' suoi conti,
si che, veduto il ver di questa corte,
la spene, che la giu bene innamora,
in te e in altrui di cio conforte,
di' quel ch'ell' e, di' come se ne 'nfiora
la mente tua, e di onde a te venne>>.
Cosi segui 'l secondo lume ancora.
E quella pia che guido le penne
de le mie ali a cosi alto volo,
a la risposta cosi mi prevenne:
<<La Chiesa militante alcun figliuolo
non ha con piu speranza, com' e scritto
nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:
pero li e conceduto che d'Egitto
vegna in Ierusalemme per vedere,
anzi che 'l militar li sia prescritto.
Li altri due punti, che non per sapere
son dimandati, ma perch' ei rapporti
quanto questa virtu t'e in piacere,
a lui lasc' io, che non li saran forti
ne di iattanza; ed elli a cio risponda,
e la grazia di Dio cio li comporti>>.
Come discente ch'a dottor seconda
pronto e libente in quel ch'elli e esperto,
perche la sua bonta si disasconda,
<<Spene>>, diss' io, <<e uno attender certo
de la gloria futura, il qual produce
grazia divina e precedente merto.
Da molte stelle mi vien questa luce;
ma quei la distillo nel mio cor pria
che fu sommo cantor del sommo duce.
'Sperino in te', ne la sua teodia
dice, 'color che sanno il nome tuo':
e chi nol sa, s'elli ha la fede mia?
Tu mi stillasti, con lo stillar suo,
ne la pistola poi; si ch'io son pieno,
e in altrui vostra pioggia repluo>>.
Mentr' io diceva, dentro al vivo seno
di quello incendio tremolava un lampo
subito e spesso a guisa di baleno.
de lo Spirito Santo, ch'e diffusa
in su le vecchie e 'n su le nuove cuoia,
e silogismo che la m'ha conchiusa
acutamente si, che 'nverso d'ella
ogne dimostrazion mi pare ottusa>>.
Io udi' poi: <<L'antica e la novella
proposizion che cosi ti conchiude,
perche l'hai tu per divina favella? >>.
E io: <<La prova che 'l ver mi dischiude,
son l'opere seguite, a che natura
non scalda ferro mai ne batte incude>>.
Risposto fummi: <<Di, chi t'assicura
che quell' opere fosser? Quel medesmo
che vuol provarsi, non altri, il ti giura>>.
<<Se 'l mondo si rivolse al cristianesmo>>,
diss' io, <<sanza miracoli, quest' uno
e tal, che li altri non sono il centesmo:
che tu intrasti povero e digiuno
in campo, a seminar la buona pianta
che fu gia vite e ora e fatta pruno>>.
Finito questo, l'alta corte santa
risono per le spere un 'Dio laudamo'
ne la melode che la su si canta.
E quel baron che si di ramo in ramo,
essaminando, gia tratto m'avea,
che a l'ultime fronde appressavamo,
ricomincio: <<La Grazia, che donnea
con la tua mente, la bocca t'aperse
infino a qui come aprir si dovea,
si ch'io approvo cio che fuori emerse;
ma or convien espremer quel che credi,
e onde a la credenza tua s'offerse>>.
<<O santo padre, e spirito che vedi
cio che credesti si, che tu vincesti
ver' lo sepulcro piu giovani piedi>>,
comincia' io, <<tu vuo' ch'io manifesti
la forma qui del pronto creder mio,
e anche la cagion di lui chiedesti.
E io rispondo: Io credo in uno Dio
solo ed etterno, che tutto 'l ciel move,
non moto, con amore e con disio;
e a tal creder non ho io pur prove
fisice e metafisice, ma dalmi
anche la verita che quinci piove
per Moise, per profeti e per salmi,
per l'Evangelio e per voi che scriveste
poi che l'ardente Spirto vi fe almi;
e credo in tre persone etterne, e queste
credo una essenza si una e si trina,
che soffera congiunto 'sono' ed 'este'.
De la profonda condizion divina
ch'io tocco mo, la mente mi sigilla
piu volte l'evangelica dottrina.
Quest' e 'l principio, quest' e la favilla
che si dilata in fiamma poi vivace,
e come stella in cielo in me scintilla>>.
Come 'l segnor ch'ascolta quel che i piace,
da indi abbraccia il servo, gratulando
per la novella, tosto ch'el si tace;
cosi, benedicendomi cantando,
tre volte cinse me, si com' io tacqui,
l'appostolico lume al cui comando
io avea detto: si nel dir li piacqui!
Paradiso ?
Canto XXV
Se mai continga che 'l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
si che m'ha fatto per molti anni macro,
vinca la crudelta che fuor mi serra
del bello ovile ov' io dormi' agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
con altra voce omai, con altro vello
ritornero poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prendero 'l cappello;
pero che ne la fede, che fa conte
l'anime a Dio, quivi intra' io, e poi
Pietro per lei si mi giro la fronte.
Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond' usci la primizia
che lascio Cristo d'i vicari suoi;
e la mia donna, piena di letizia,
mi disse: <<Mira, mira: ecco il barone
per cui la giu si vicita Galizia>>.
Si come quando il colombo si pone
presso al compagno, l'uno a l'altro pande,
girando e mormorando, l'affezione;
cosi vid' io l'un da l'altro grande
principe glorioso essere accolto,
laudando il cibo che la su li prande.
Ma poi che 'l gratular si fu assolto,
tacito coram me ciascun s'affisse,
ignito si che vincea 'l mio volto.
Ridendo allora Beatrice disse:
<<Inclita vita per cui la larghezza
de la nostra basilica si scrisse,
fa risonar la spene in questa altezza:
tu sai, che tante fiate la figuri,
quante Iesu ai tre fe piu carezza>>.
<<Leva la testa e fa che t'assicuri:
che cio che vien qua su del mortal mondo,
convien ch'ai nostri raggi si maturi>>.
Questo conforto del foco secondo
mi venne; ond' io levai li occhi a' monti
che li 'ncurvaron pria col troppo pondo.
<<Poi che per grazia vuol che tu t'affronti
lo nostro Imperadore, anzi la morte,
ne l'aula piu secreta co' suoi conti,
si che, veduto il ver di questa corte,
la spene, che la giu bene innamora,
in te e in altrui di cio conforte,
di' quel ch'ell' e, di' come se ne 'nfiora
la mente tua, e di onde a te venne>>.
Cosi segui 'l secondo lume ancora.
E quella pia che guido le penne
de le mie ali a cosi alto volo,
a la risposta cosi mi prevenne:
<<La Chiesa militante alcun figliuolo
non ha con piu speranza, com' e scritto
nel Sol che raggia tutto nostro stuolo:
pero li e conceduto che d'Egitto
vegna in Ierusalemme per vedere,
anzi che 'l militar li sia prescritto.
Li altri due punti, che non per sapere
son dimandati, ma perch' ei rapporti
quanto questa virtu t'e in piacere,
a lui lasc' io, che non li saran forti
ne di iattanza; ed elli a cio risponda,
e la grazia di Dio cio li comporti>>.
Come discente ch'a dottor seconda
pronto e libente in quel ch'elli e esperto,
perche la sua bonta si disasconda,
<<Spene>>, diss' io, <<e uno attender certo
de la gloria futura, il qual produce
grazia divina e precedente merto.
Da molte stelle mi vien questa luce;
ma quei la distillo nel mio cor pria
che fu sommo cantor del sommo duce.
'Sperino in te', ne la sua teodia
dice, 'color che sanno il nome tuo':
e chi nol sa, s'elli ha la fede mia?
Tu mi stillasti, con lo stillar suo,
ne la pistola poi; si ch'io son pieno,
e in altrui vostra pioggia repluo>>.
Mentr' io diceva, dentro al vivo seno
di quello incendio tremolava un lampo
subito e spesso a guisa di baleno.